skip to Main Content

L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… l’Estasi di Santa Cecilia di Bernardo Cavallino

Per la rubrica L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… vi proponiamo il testo di Riccardo Lattuada, docente di Storia dell’Arte dell’età moderna all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e membro del Comitato scientifico del Museo e Real Bosco di Capodimonte, sul dipinto di Bernardo Cavallino l’Estasi di Santa Cecilia.

Un’opera raffinata, una scena di gioiosa serenità dalla tavolozza brillante e materica, una delle prove più alte della sensibilità dell’inimitabile maestro napoletano.

 

È una giovane donna splendida, di una bellezza modernissima: mani affusolate, curate, che non hanno conosciuto il lavoro dei campi – è una aristocratica romana – il volto di una ragazza appena uscita dall’adolescenza; piedi sottili che calzano leggeri sandali all’antica.

Veste un abito di seta color giallo oro con controtagli alle maniche e sbuffi di una camicia bianca all’attacco della spalla; sull’abito è un mantello di seta blu oltremare, bordato di perle.

Nel bozzetto è inginocchiata su un cuscino di raso verde orlato di fili d’oro; nella stesura finale il cuscino è più scuro ma ancora visibile.

I due angeli – l’uno, in piedi dietro di lei, che la incorona con un serto di fiori intrecciati; l’altro, più sullo sfondo, che suona un liuto – condividono un sorriso tanto ineffabile quanto pieno di gioiosa serenità.

 

Bernardo Cavallino

(Napoli, 1616-1656)

Estasi di Santa Cecilia
particolare

olio su tela

cm. 207,5 x 157

firmato e datato 1645

Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

In controluce, a sinistra di chi guarda, quello che forse è un leggìo è rivestito da un panno di velluto scuro.

Sullo sfondo è un tendaggio di broccato scuro, che crea intorno alle tre figure un alveo di luce capace di scolpire uno strepitoso caleidoscopio di chiaroscuri.

Viene in tal modo esaltata la tavolozza brillante e materica dell’inimitabile maestro napoletano.

 

La ragazza, il cui volto è leggermente imperlato da tenui riflessi di biacca sulle labbra e sul mento, ha la bocca lievemente dischiusa e gli occhi rivolti al cielo, ma non esattamente verso il serto di fiori, perché è da una dimensione extrasensoriale che le sta giungendo la musica accompagnata dal giovane liutista alato.

 

Bernardo Cavallino

(Napoli, 1616-1656)

Estasi di Santa Cecilia
particolare

olio su tela

cm. 207,5 x 157

firmato e datato 1645

Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Cecilia, nata nel II secolo a Roma da una famiglia aristocratica, ha in quella stessa mattina sposato il nobile Valeriano.

Durante la funzione la ragazza, mentre risuonano gli strumenti musicali e i cori, canta fra sé: conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa.

Dopo aver confidato il suo proposito al marito quest’ultimo si converte al Cristianesimo, venendo battezzato nella prima notte di nozze dal Pontefice Urbano I. Ma tornato a casa Valeriano vede Cecilia in preghiera con un giovane: è l’angelo custode della ragazza.

Insospettito, forse irritato, chiede una prova dell’effettiva natura angelica del giovane: questi, allora, fa apparire due corone di fiori e le pone sul capo dei due sposi.

Nel dipinto di Bernardo Cavallino a Capodimonte e nel suo bozzetto Valeriano non c’è, e tutta l’attenzione del pittore è concentrata su Cecilia.

La sua perfezione, la sua moderna bellezza, la carica (certo) anche erotica della santa e degli stessi angeli biondi, dalle membra affusolate e colte in pose elegantissime, farebbero pensare – come si è spesso sostenuto – alla torsione di un tema legato alla santità, che sarebbe stato trasformato in una performance di seduzione non solo sessuale, ma anche edonistica (le stoffe preziose, gli strumenti musicali).

Ma non è così: l’angelo che incorona Cecilia regge delicatamente nella mano sinistra la frasca di palma che indica l’annuncio del martirio; il violino giace inutilizzato a terra accanto a uno spartito, perché la musica divina non è eseguita da strumenti e non è fisicamente udibile, e dunque anche il liuto tra le mani dell’angelo a sinistra è immateriale al pari della presenza che lo suona.

 

Bernardo Cavallino

(Napoli, 1616-1656)

Estasi di Santa Cecilia
particolare

olio su tela

cm. 207,5 x 157

firmato e datato 1645

Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Il piacere che prova Cecilia è della stessa natura di quello che pochi anni più tardi Bernini imprimerà alla postura e all’espressione della Santa Teresa in estasi a Santa Maria della Vittoria (Roma, 1647-1652).

È un piacere che sembra appartenere alla sfera dei sensi, ma che attraverso essi rende possibile accedere alla dimensione della santità e al suo premio: la comunione con il Divino.

Davanti a Bernini il piccolo Presidente Charles de Brosses ha colto solo la superficie del messaggio: “Si c’est ici l’amour divin, je le connais; on en voit ici-bas maintes copies d’après nature”; e così è stato anche per il gelido ma pur geniale razionalismo del Marchese de Sade (“On a du mal à croire qu’il s’agisse d’une sainte”).

 

Lo stesso Georges Bataille, infinitamente più sofisticato, di fronte all’opera di Bernini tocca un limite interpretativo quando parla di una

 

sensibilità religiosa che unisce strettamente desiderio e paura, piacere intenso e angoscia”.

 

Tutte queste letture, e tante altre accumulatesi nei secoli, non tengono conto delle intenzioni di Bernardo Cavallino e dello stesso Bernini: rappresentare un momento di per sé irrappresentabile, in cui l’esperienza di esseri umani vivi si sposta dalla fisicità a quel che le sta oltre (di qualunque cosa si tratti); qualcosa di trascendente che risiede oltre la sofferenza, oltre lo stesso piacere.

 

Anche al tempo di Bernardo Cavallino qualsiasi artista era posto costantemente di fronte a un bivio: reiterare modelli plurisecolari di rappresentazione di una santa o di una storia sacra o giocarsi la carta più rischiosa, quella di porre la propria sensibilità al servizio di una esperienza irrappresentabile.

Cavallino ha speso tutta la sua breve vita di artista – quarant’anni esatti – al servizio di questa sensibilità: pochi decenni di lavoro e non un’opera banale, sprecata, convenzionale.

La Santa Cecilia di Capodimonte – di cui possiamo osservare anche l’ideazione attraverso la rara circostanza di disporre del bozzetto, e di poterlo confrontare con la stesura definitiva – è una delle prove più alte ed elette della sensibilità di Bernardo Cavallino.

 

Bernardo Cavallino
(Napoli, 1616-1656)
Estasi di Santa Cecilia
bozzetto
olio su tela
cm. 61 x 48
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

È anche uno dei suoi rarissimi dipinti di vasto formato: è una pala d’altare in origine nella Chiesa napoletana di Sant’Antoniello delle Monache, che quando è stata esposta ha mostrato ad un pubblico più vasto della sola clientela privata quanto sapesse essere grande questo virtuoso ma poco fortunato maestro.

 

Bernardo Cavallino

(Napoli, 1616-1656)

Estasi di Santa Cecilia
particolare

olio su tela

cm. 207,5 x 157

firmato e datato 1645

Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Sul taglio concavo di un volume rivestito di pergamena il pittore ha scritto la sua firma B[ernardo] C[avalli]no. P[inxit] A[nno] 1645, le iniziali intrecciate in un elaborato monogramma.

Circostanza rarissima nel percorso di Bernardo Cavallino.

Quasi una dichiarazione programmatica, come a dire: qui avevo l’occasione per dimostrare chi sono; questo sono io; questa è la sostanza della mia arte.

 

Bernardo Cavallino
(Napoli, 1616-1656)
Estasi di Santa Cecilia
olio su tela
cm. 207,5 x 157
firmato e datato 1645
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Il testo di Riccardo Lattuada è inserito nell’iniziativa  “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”.

 

Della stessa rubrica puoi leggere:

 

La Liberazione delle opere d’arte durante la Seconda Guerra Mondiale di Giovanna Bile

Il futuro digitale inizia oggi di Giovanni Lombardi

Francesco Barberini, Antonio Giorgetti e il medaglione allegorico di Luca Olstenio di Alessandro Mascherucci e Yuri Primarosa

Giuseppe Renda e il rinnovamento della scultura a Napoli tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento di Diego Esposito

La fuga in Egitto di Battistello Caracciolo di Christopher Bakke

L’Effetto Flora di Patrizia Piscitello

La Flora Farnese di Filippo Tagliolini di Maria Flavia Lo Regio

Hector! Chi era costui? di Antonio Tosini

L’Elemosina di Sant’Elisabetta d’Ungheria di Bartolomeo Schedoni di Marco Liberato

Capemonte mm’ha dato Ammore e Vvita! di Gianna Caiazzo e Giuseppe Murolo

Napoli Napoli: un allestimento, un’estate, un ricordo di Francesca Dal Lago

Il restauro del Buon Samaritano di Luca Giordano di Sara Vitulli, presentazione di Stefano Causa

Il Real Bosco di Capodimonte: l’arte che respira di Carmine Guarino

La Resurrezione di Cristo di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma di Patrizia Piscitello

Il trittico con le Storie della Passione di Paola Giusti

La Crocifissione di Masaccio di Alessandra Rullo

L’intervento conservativo dell’opera di Mario Merz Onda d’urto di Simonetta Funel

Onda d’urto di Mario Merz di Ophilia Ramnauth Luciana Berti

L’inaugurazione virtuale della mostra Luca Giordano di Patrizia Piscitello e Alessandra Rullo

Il racconto virtuale della mostra Luca Giordano di Sylvain Bellenger, video di Carmine Romano

La mostra Luca Giordano. Dalla Natura alla Pittura di Stefano Causa

Il bacio della nonna di Gioacchino Toma di Alessia Attanasio

Il Crocifisso ligneo del Monastero di San Paolo a Sorrento di Gennaro Galano

La Galleria fotografica di Mimmo Jodice di Giovanna Bile

Il servito da tavola di Manifattura Del Vecchio di Alessandra Zaccagnini

Gli scarti di fabbrica della Manifattura di Capodimonte di Maria Rosaria Sansone

La Madonna del Divino Amore di Raffaello di Angela Cerasuolo

L’archibugio per Ranuccio I Farnese di Antonio Tosini

Il restauro della Natività di Signorelli di Liliana Caso

La Chiesa di San Gennaro di Liliana Uccello

Gemito, o’ scultore pazzo di Sylvain Bellenger 

Vesuvius di Andy Warhol di Luciana Berti

Le acquisizioni della Real Casa dal 1870 al 1912, Gemito e non solo di Maria Tamajo Contarini

“Gemito, dalla scultura al disegno” con i contributi di Carmine Romano, Roberto Cremascoli, Sylvain Bellenger

Vincenzo Gemito di Jean-Loup Champion

Il museo di Molajoli e de Felice nel 1957 di Rosa Romano

Le vaccinazioni alla Reggia di Benedetta de Falco

La Letizia di Canova di Alessia Zaccaria

Il Bosco Reale di Nunzia Petrecca

Come nasce la passione per l’arte di Marco Liberato

La Cassetta Farnese di Patrizia Piscitello

Da Frisio a Santa Lucia di Eduardo Dalbono di Paola Aveta

Ercole al Bivio di Annibale Carracci di Valentina Canone

Il Ritratto di Fra Luca Pacioli di Alessandra Rullo

 

 

Seguite gli aggiornamenti sul nostro blog e i nostri canali social

 

 

Back To Top