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L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… Stele di Lucio Del Pezzo

Per la rubrica L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… Angela Tecce, storica dell’arte che ha ricoperto incarichi dirigenziali presso il Mibact contribuendo all’organizzazione e alla cura di mostre sia di arte antica che contemporanea, ci parla dell’artista napoletano Lucio Del Pezzo e della sua opera giovanile Stele, parte della collezione dedicata all’arte a Napoli tra il 1945 e 1965 del Museo e Real Bosco di Capodimonte.

 

L’opera Stele, del 1961, di Lucio Del Pezzo è stata donata dall’artista, in collaborazione con la Fondazione Morra di Napoli, al Museo di Capodimonte, per entrare a far parte della collezione contemporanea nella sezione dedicata all’arte a Napoli tra il 1945 e 1965.

 

Collezione contemporanea nella sezione dedicata all’arte a Napoli tra il 1945 e 1965
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

L’opera era stata esposta, infatti, in una mostra tenutasi al Castel Sant’Elmo nel 1991-1992, Fuori dall’ombra, per la quale erano stati invitati a riflettere sul rinnovamento radicale della cultura a Napoli in quegli anni cruciali esponenti significativi della critica d’arte e studiosi della Soprintendenza, dell’Università, dell’Accademia di Belle Arti.

La precisazione è necessaria a dar conto della scelta di un’opera giovanile di un’artista che, nato a Napoli nel 1933 e trasferitosi definitivamente a Milano dal 1965, tranne brevi soggiorni a Parigi, nella città lombarda ha lavorato ininterrottamente fino alla morte, avvenuta lo scorso 12 aprile 2020, continuando fino alla fine ad aggiornare il suo linguaggio figurativo.

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
particolare
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

L’uomo era dirompente nelle sue fervide invenzioni, sempre in bilico tra rigore formale e compositivo e un distacco sapientemente ironico, e si può facilmente ripercorrere la sua carriera attraverso le esposizioni che gli sono state dedicate in Italia e all’estero da importanti musei, le sue presenze alla Triennale e alla Biennale, oltre alle tante mostre nella Galleria Marconi di Milano, a partire da quella inaugurale, nel 1965.

Il suo amico e sodale Giò Marconi gli rende un significativo omaggio nel 2011 – prima alla fiera milanese Miart e poi nello Studio’65 – presentando l’atelier del pittore napoletano che, arrivato a Parigi nel 1963, accetta la proposta di Enrico Baj di condividere l’affitto dello studio di Max Ernst, in rue Mathurin Régnier 58.

É un tentativo di mettere a fuoco i rapporti di stima reciproca che si instaurano tra i tre artisti, le feste come quella in cui Baj realizza un ritratto di Marcel Duchamp come Gioconda e per raccontare attraverso le opere il clima instauratosi allora e il solco su cui si innesta la ricerca del giovane Del Pezzo.

L’artista aveva realizzato la Stele solo due anni prima di lasciare Napoli, città in cui era nato e da dove era partita la sua vicenda creativa; dopo gli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Del Pezzo aveva firmato con altri pittori napoletani – Guido Biasi, Bruno Di Bello, Sergio Fergola, Luca Castellano e Mario Persico – il Manifesto del Gruppo 58, movimento di pittura nucleare.

Manifesto che ebbe notevole risonanza, non a caso perché, se è vero che a Napoli non erano mancati artisti capaci di confrontarsi con le novità dell’avanguardia che fiorivano in quegli anni tra Milano e Roma, è con i giovani del Gruppo ’58 che si sviluppano i rapporti degli esponenti del nuclearismo milanese e di personalità quali Enrico Baj, Emilio Villa, Eduard Jaguer, Edoardo Sanguineti, impegnati a dar vita ad iniziative comuni volte alla ricerca di nuovi modelli estetici e comunicativi, nella produzione artistica come in quella letteraria e poetico-visiva.

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
particolare
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Tra l’ottobre 1959 e gennaio 1961 vengono pubblicati sei numeri della rivista Documento Sud, di cui era stato ispiratore dell’iniziativa Luca Castellano, e sin dai primi numeri la presenza dei giovani Del Pezzo, Biasi, Persico appare significativa per le innovative scelte grafiche e la pubblicazione di immagini dei loro lavori intrisi di rêveries surrealiste, matericità informale, icone rivisitate dell’immaginario partenopeo.

Napoli peraltro non era nuova all’esperienza delle riviste d’avanguardia, si può ad esempio ricordare la pionieristica Sud, che viene pubblicata tra il 1946 e il 1947 da Pasquale Prunas con pochissimi mezzi ma con ampi riferimenti culturali (vi appare anche la traduzione di un saggio di Jean Paul Sartre).

Con lo scarto di un decennio alcuni presupposti rimangono immutati: da un lato l’esigenza sempre autenticamente sentita di trovare all’esterno della città legami di affinità, corrispondenze, con le idee più innovative, dall’altra l’atavica mancanza di un sostegno finanziario adeguato per potersi concedere confronti diretti e non solo letterari con i protagonisti delle avanguardie europee.

D’altronde i nomi citati nelle collaborazioni invocate e coltivate raccontano chiaramente il desiderio di allargare i confini di riferimento e, ribaltando questo, sarebbe difficile immaginare le possibilità che si aprono per gli artisti del Gruppo ’58 senza la forza trainante di un personaggio come Enrico Baj che aveva sollecitato sin dagli anni precedenti i contatti tra la sua pittura nucleare e i pittori nucleari a Napoli e aveva poi proseguito gli scambi proficui con gli artisti appena affacciatisi nel mondo dell’arte.

 

Lucio Del Pezzo
foto Instagram: enricoartsuite

 

Pochi cenni sulla sua carriera: Del Pezzo avrà la sua prima personale a Milano, alla Galleria di Arturo Schwarz, nello stesso anno si apre una sua mostra a New York, alla Knapik Gallery, ma l’elenco, per quanto indicativo del successo e della vitalità del suo lavoro sarebbe troppo lungo.

Citare il legame con Schwarz serve invece a definire l’humus della cultura surrealista in cui trova nutrimento poetico il giovane artista, che distilla in quegli anni una serie di elementi che contribuiranno a comporre il suo universo figurale: da una parte la forza evocativa del colore, soprattutto nelle sue concrezioni materiche, dall’altra il recupero di oggetti e materiali, un eteroclito repertorio che attinge alla memoria individuale e collettiva, strettamente collegato all’immaginario partenopeo.

Tavole della memoria è il titolo che l’artista aveva scelto per alcune opere del 1961, tra le quali rientra la Stele, magmatici condensati del folklore popolare, personalissimi amuleti e altari di oggetti d’uso comune, inseriti ludicamente in impianti compositivi di composto rigore e talvolta di monumentale aulicità.

Della Stele va sottolineata la compattezza della forma scultorea, che al tempo stesso si potrebbe definire geometricamente minimal ed evocativamente classicheggiante, sin dal titolo, entro la quale il colore bianco e spesso avvolge gli oggetti, ad eccezione di un unico elemento rosso e svettante, racchiudendoli nella scatola rettangolare, come ad arginare e delimitare il flusso confuso di reminiscenze aneddotiche, ricomponendo invece il racconto di un’immagine nuova.

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Lucio Del Pezzo
Stele, 1961
collage, tempera, tecnica mista su legno
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

A tale misura formale sarà d’altronde in seguito improntato tutto il lavoro di Del Pezzo, abile e geniale inventore di costruzioni che abitano lo spazio tradizionale dei quadri e delle sculture, evocando sottilmente tracce e memorie dell’inconscio.

Dalle opere di matrice dada e pop della sua prima attività, che gli valsero l’invito alla Biennale di Venezia del 1964 – la stessa che vide esplodere l’arte pop – l’artista, con una vitalità mai sopita fino alle opere più recenti, ha coltivato la sua cifra stilistica, depurandola via via da connotati più peculiari e referenziali per attingere con ironica eleganza ad una più astratta ed universale valenza simbolica.

Non a caso un’opera come Grande quadro d’oro del 1964, araldico nella sua semplificazione espressiva, fu acquistato allora da un collezionista di rango come Marcello Rumma ed è ora esposto al Madre nella mostra a lui dedicata.

 

Lucio Del Pezzo
Grande quadro d’oro
1964

 

Ciao Lucio! Non dimenticheremo mai il tuo spirito dissacrante quando una volta proponesti, per soddisfare le nostre ansie filologiche mentre cercavamo scrupolosamente una tua opera pubblicata e realizzata per una mostra storica, di rifarla per noi, assolutamente identica!!!

 

 

Il testo di Angela Tecce è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”

 

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