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Napoli Napoli. Di Lava, porcellana e musica

21 settembre 2019 – 20 settembre 2020 (prorogata fino al 10 ottobre 2021)

Sale dell’Appartamento Reale (Primo piano 8.30-19.30 ultimo ingresso 18.30)

A cura di Sylvain Bellenger (21 settembre 2019 – 20 settembre 2020, prorogata fino al 10 ottobre 2021), realizzata dal Museo e Real Bosco di Capodimonte con il Teatro di San Carlo di Napoli, in collaborazione con l’associazione Amici di Capodimonte onlus, con la produzione e organizzazione della casa editrice Electa.

L’Appartamento Reale, grazie a una scenografia ideata dall’artista Hubert Le Gall, è il palcoscenico di eccezione sul quale vanno in scena il Teatro di San Carlo di Napoli e le porcellane di Capodimonte.

L’allestimento racconta una vera e propria favola che permette al visitatore di immergersi in un mondo incantato e senza tempo.

Ogni sala ha un tema: l’egittomania, la chinoiserie, la musica sacra e la musica profana, il potere e la successione delle dinastie, il Grand Tour, il Vesuvio, Pulcinella, l’ironia delle parrucche del ‘700 e molti altri.

Tutti questi temi sono raccontati attraverso un’esposizione di 300 porcellane delle Reali Fabbriche di Capodimonte e di Napoli.

Più di 150 costumi del Teatro di San Carlo con firme prestigiose (da Ungaro e Odette Nicoletti) sapientemente selezionati dalla direttrice della sartoria Giusi Giustino.

Strumenti musicali del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli.

Dipinti, oggetti d’arte e di arredo e animali tassidermizzati conservati al Museo Mineralogico e al Museo Zoologico di Napoli (oggi confluiti nel Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università Federico II di Napoli).

La musica, selezionata da Elsa Evangelista e commento di Alessandro De Simone, vero filo conduttore della mostra, è una vera e propria guida per un viaggio multisensoriale all’interno della Reggia che si trasformerà in un vero e proprio spettacolo teatrale.

 

 

In esecuzione delle misure nazionali di prevenzione rischio contagio da Covid-19 (DPCM del 4 marzo 2020) è sospeso l’utilizzo di dispositivi e delle cuffie dinamiche indispensabili per la completa fruizione dell’esposizione concepita come un viaggio musicale nella Napoli del Settecento ma è possibile accedere ai contenuti musicali attraverso l’app scaricabile e utilizzabile anche lontano dal museo.

Di seguito i link di accesso:

Playstore:

https://play.google.com/store/apps/details?id=it.coopcultureitalia.app.capodimonte&hl=it

Appstore:

https://apps.apple.com/us/app/capodimonte/id1524460860

Napoli del Settecento, Capitale dell’Arti: è questa l’atmosfera unica che la mostra Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica vuole ricreare accompagnando il visitatore nella vita teatrale e quotidiana di Napoli, vivace, frivola e gioiosa quanto tragica, sotto la continua minaccia delle eruzioni del Vesuvio. Un viaggio multisensoriale all’interno della Reggia borbonica, trasformata per l’occasione in un vero e proprio spettacolo teatrale, nato dall’incontro tra la musica e le arti applicate.

La mostra è una sintesi di tutte le arti, e illustra la pluridisciplinarità tipica della nostra contemporaneità: un viaggio multisensoriale all’interno della Reggia borbonica, trasformata per l’occasione in un vero e proprio spettacolo teatrale. Un’esposizione con oltre 1000 oggetti, oltre 300 porcellane delle collezioni delle Reali Fabbriche di Capodimonte e Napoli, di altre manifatture europee e pezzi originali cinesi, più di 150 costumi del Teatro di San Carlo con firme prestigiose (Ungaro, Odette Nicoletti, Giusi Giustino e altri), strumenti musicali del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dipinti, oggetti d’arte e di arredo, minerali e animali tassidermizzati oggi conservati rispettivamente nel Museo mineralogico e nel Museo Zoologico di Napoli (oggi confluiti nel Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università Federico II di Napoli).

“ Tutte le storie del mondo sono sparse per terra. Non sono proprietà di nessuno. Chiunque può impadronirsene a suo piacimento e farne ciò che vuole. Senza dover rendere conto a nessuno, se non a se stesso. Incurante di quello che vogliono dire, attribuisce loro il significato che preferisce, indegno o glorioso che sia. Le trasforma in un racconto curioso che ritiene gli appartenga, non rendendosi conto che ognuna di esse appartiene a tutti. Nessuno sfugge alla regola. Perché non esiste storia che appartenga a una sola persona. Neanche la sua ”

Philippe Forest Rimango – Il re delle mie pene – romanzo

Il percorso di mostra si apre con la spettacolare riproduzione di una tazza gigante, liberamente ispirata alle porcellane della manifattura di Capodimonte. Al suo interno, svetta la figura di Maria Carolina d’Asburgo Lorena: moglie di Ferdinando IV di Borbone e Regina di Napoli e di Sicilia. Maria Carolina contribuì attivamente, spinta da ideali illuministi, a fare di Napoli un centro culturale e artistico. Alle pareti, il trompe-l’œil dell’artista Tommaso Ottieri , un’immagine che riproduce l’interno del Teatro di San Carlo e che invita il visitatore ad “entrare in scena”.

Se l’intelligenza fosse sensibilità, ancor prima di essere un ragionamento, l’espressione più adeguata dei nostri pensieri sarebbe certamente la musica. Ma tutti i pensieri operano al confine con la fantasticheria sognante (rêverie): alcuni che hanno l’ordine del mondo come oggetto, altri che tentano di catalogarlo e, naturalmente, anche quelli che cercano di inventarlo. Ed è proprio questa fantasticheria l’oggetto del lavoro degli artisti, poiché ogni artista è prima di tutto un lavoratore. Un’esposizione d’arte, prima di essere l’organizzazione di nozioni, stili e cronologie, è anzitutto un omaggio a quel lavoro ostinato degli artisti che essa tenta di rivelarci. Ma quando – disgraziatamente – l’ordine prevale sull’immaginazione, sulla sensibilità e sulle emozioni, a dominare sarà la filosofia dei contabili, che contamina il museo, fragile e potente luogo della memoria e delle emozioni che appartiene alla poesia e di una sinfonia ha lo splendore. Capodimonte, un nome che risuona come quello di una battaglia, è un museo che possiede una delle collezioni più belle e più ricche d’Italia e d’Europa.
Tuttavia, per ragioni legate alla sua storia – quella storia che spiega sempre tutto! – questo museo relativamente recente, che fa la felicità degli amatori e degli storici dell’arte dalla sua inaugurazione, avvenuta nel 1957, cioè solo da una sessantina d’anni, non è ancora entrato nell’inconscio collettivo della millenaria città di Napoli. Capodimonte si confonde con la storia di un grande palazzo reale di collina e per i napoletani resta un luogo lontano in senso tanto fisico quanto mentale. Capodimonte sarebbe dunque inaccessibile per Napoli e per il mondo, nonostante i musei acquistino invece un’importanza via via crescente per tutti e per ciascuno. Spesso i musei possono dare l’impressione che l’arte sia stata confiscata dagli storici dell’arte e in quanto rappresentante di questa professione, ne comprendo tutti i limiti. Tre atti per una trilogia. Le esposizioni Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire, Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere e l’ultima che conclude la trilogia, Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica sono state concepite come rilettura delle collezioni permanenti. Il progetto globale, ben lungi dall’essere nato da una visione immediata e immanente, è il risultato degli insegnamenti tratti dalla prima esposizione, che hanno generato la seconda, che a sua volta ha originato la terza. Carta Bianca Nel 2018 Carta Bianca ha voluto sollecitare altri sguardi, altri saperi che quelli della storia dell’arte, con altre sensibilità: quelle del musicista Riccardo Muti, del paesaggista Paolo Pejrone, dell’accademico francese Marc Fumaroli, dei collezionisti Vittorio Sgarbi e Gianfranco d’Amato, l’uno critico, saggista, opinionista e politico, l’altro imprenditore appassionato di arte contemporanea, della neurologa e storica della scienza Laura Bossi, della professoressa di Visual and environmental studies alla Harvard University Giuliana Bruno, dell’antropologa e professoressa emerita all’Università di Montreal Mariella Pandolfi, quelle degli artisti Giulio Paolini e Francesco Vezzoli. Tutti hanno avuto carta bianca per allestire in assoluta libertà la propria mostra personale. Dieci persone, dieci sale e un racconto che prevedesse al massimo dieci opere, con un unico vincolo: raccontare le rispettive storie e giustificare le scelte operate in una videointervista accessibile tramite un’applicazione collocata nelle singole sale. Ciascuno di loro, senza ignorare la storia dell’arte, l’ha indagata alla propria maniera, allargando i suoi limiti, introducendo la propria sensibilità e la libertà di scelta in una disciplina che aveva finito per credersi la sola destinataria delle creazioni degli artisti. Depositi Nel 2019 Depositi ha prolungato questa indagine sulla lettura e sull’interpretazione delle collezioni, questa volta analizzando proprio la scrittura della Storia e il ruolo svolto dal museo nella sua relativa scrittura ufficiale. La scelta dell’allestimento, il modo di presentare le opere, gli accostamenti visivi, l’allineamento e l’altezza dei dipinti sulle pareti sono inevitabilmente una forma di scrittura che scrive la storia, proprio come la collezione esposta nasconde quella che è rimasta occultata e conservata nei depositi. Contrariamente alle credenze popolari, i depositi dei musei non sono – o almeno non sono più – delle caverne di Alì Babà piene di capolavori sconosciuti. In compenso conservano interi blocchi di memoria esclusi da quella ufficiale. Le cause sono molteplici: lo stato conservativo, la qualità, il gusto dell’epoca, l’eterogeneità delle collezioni, la gerarchia delle categorie artistiche, lo spazio insufficiente ecc.… Che la selezione sia ideologica o pratica, le sue conseguenze sono sempre le stesse: c’è una storia, e ci sono altre storie ancora da scrivere. Storie ancora silenti, ma che rivelano una scelta estetica: si tralasciano periodi come il XIX secolo, ancora ingombro di pregiudizi, o periodi bui dal punto di vista politico come quello fascista. Oppure, come a Capodimonte, si cancellano le tracce della residenza reale, concentrata in un appartamento reinventato come lo sono tutti gli appartamenti d’epoca, a vantaggio di una grande pinacoteca che occupa tutta la Reggia. Qui la storia dell’arte è entrata in conflitto con la storia politica. Possiamo dire che questa rimozione dei tratti caratteristici della regalità deriva dal disagio dell’intellighenzia napoletana, spesso confusa tra nostalgia borbonica e speranze repubblicane. È troppo tardi per riconciliare i due punti di vista attraverso la museografia? In fondo, solo altri due palazzi reali, il Louvre e l’Ermitage, sono oggi musei pubblici: cancellare le tracce monarchiche non è cosa da poco. Il catalogo di questa esposizione sperimentale, sorta di antropologia del museo e delle sue collezioni, sarà pubblicato alla fine della mostra e sarà costituito essenzialmente dagli atti del convegno che si terrà il 26 e 27 settembre 2019.

Napoli, Napoli. Di lava, porcellana e musica Dopo la libertà di Carta Bianca, la rilettura e l’operazione di recupero della memoria attuata con Depositi, mancava la cultura come festa, la festa che riconcilia sempre Napoli, la festa che qui costituisce una cultura, un’economia, quasi una condizione metafisica: mancava un’esposizione che fosse una festa. “All the world is a stage, And all the men and women merely players They have their exits and their entrances” William Shakespeare, As you like it A Napoli, festa è sempre musica. Carlo di Borbone lo aveva capito perfettamente così come aveva capito che, per creare un nuovo regno nell’Europa della prima metà del XVIII secolo, oltre al genio strategico di Elisabetta Farnese, sarebbe stato utile ricorrere al modello di governo del suo bisnonno Luigi XIV e alla creazione con Colbert delle manifatture reali, del Teatro francese (attuale Comédie Française) e dell’Accademia reale di musica.

Le note dello Stabat Mater di Giovan Battista Pergolesi, commovente pianto di una madre per il figlio morto, composto per la Pasqua del 1736, si sposano con i preziosi manufatti sacri esposti, come il grande Ciborio seicentesco della chiesa di Santa Patrizia, il Corredo d’altare in porcellana bianca, destinato all’oratorio segreto del re nel Palazzo reale di Portici, e l’Immacolata Concezione, raro esemplare a soggetto religioso della manifattura. Questi ultimi sono entrambi provenienti dalla Real Fabbrica di Capodimonte. Incorniciano la scena, i costumi di Odette Nicoletti realizzati per lo Stabat Mater eseguito in occasione della Commemorazione di Giovan Battista Pergolesi nel 250° anniversario della morte (Stagione Lirica 1985-1986) con regia del Maestro Roberto De Simone.

Lo Stabat è un quadro della natura che parla al cuore. Capolavoro di espressione, di sentimento e di gusto, in esso le passioni dell’animo sono espresse con inimitabile perfezione, non ha avuto nel genere fl ebile e commovente chi l’abbia superato e forse non avrà mai l’eguale nel campo dell’arte

Francesco Florimo 1800 – 1888  – La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori.

La musica sacra trova una perfetta ambientazione nelle chiese napoletane barocche ridondanti di preziosi manufatti come il grande ciborio seicentesco della chiesa di Santa Patrizia o i comunichino attraverso i quali le suore di clausura della Trinità delle Monache ricevevano l’ostia.
Nel corso della Settimana Santa processioni, spettacoli e sacre rappresentazioni mirano a coinvolgere i fedeli, eccitandone il fervore religioso.
Per la Pasqua del 1736 il ventiseienne Giovan Battista Pergolesi, nell’ultimo anno della sua breve vita, porta a termine, su commissione della confraternita dei Cavalieri della Vergine dei Dolori, il suo Stabat Mater, commovente pianto di una madre per il figlio morto.
Due anni prima, nel 1734, Carlo di Borbone, figlio del re Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, aveva conquistato il trono di Napoli. Nel 1743 il sovrano crea la Real Fabbrica di Capodimonte dalla quale provengono il Corredo d’altare in porcellana bianca destinato all’oratorio segreto del re nel Palazzo reale di Portici e l’Immacolata Concezione, raro esemplare a soggetto religioso della manifattura.

Ascolterete

Giovan Battista Pergolesi (1710-1736)
Stabat Mater “Stabat Mater dolorosa” Barbara Frittoli;
S
oprano Anna Caterina Antonacci;
Mezzosoprano Orchestra Filarmonica della Scala;
Direttore d’orchestra, Riccardo Muti Emi classics 1996.

Lo Stabat Mater, commissionato nel 1736 a Giovanni Battista Pergolesi dalla confraternita laica dei Cavalieri della Vergine dei Dolori, rientrava nelle celebrazioni legate alla Settimana Santa. Tradizione vuole che Pergolesi abbia musicato l’antica sequenza ritenuta di Jacopone da Todi, dopo aver assistito ad un’esecuzione capitale in Piazza Mercato, commosso dal pianto di una madre per il figlio morto.

Costumi

Stabat Mater

Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) – Roberto De Simone Stagione Lirica 1985-1986. Commemorazione di Giovan Battista Pergolesi nel 250° anniversario della morte Basilica di San Francesco di Paola di Napoli Direttore d’orchestra: Alberto Zedda – Giacomo Maggiore Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Festa teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987.
Autori vari del Settecento. Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988. Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo.
Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn Regia: Roberto De Simone;
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

In omaggio a Napoli capitale della musica: gli strumenti musicali provenienti dal Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli (pianoforti di Paisiello e di Cimarosa e l’arpetta Stradivari) sono messi a confronto con un dipinto di Gaspare Travers i e un quadro di Louis Nicolas Lemasle raffigurante le Nozze della principessa Maria Carolina di Borbone con il duca di Berry, del 1816, in cui si riconoscono Giovanni Paisiello e Niccolò Paganini. Il tema musicale è variamente interpretato dalle manifatture di porcellana napoletana ed europea: si fondono così i due elementi più alla moda e caratterizzanti del secolo.

Più si procede lungo l’Italia e più la musica avanza nella perfezione. E Napoli è l’apice.

Gabriel François Coyer – Voyage d’Italie et d’Holland, 1775.

Nel Settecento a Napoli si fa musica ovunque: nelle strade, in campagna, nei grandi palazzi e nei teatri. Al Teatro Nuovo nel 1735 va in scena il Flaminio di Pergolesi, il nuovo genere della commedia in musica che si contrappone all’opera seria e si rivolge a tutti i ceti sociali. I quattro Conservatori napoletani, nati a fi ne Cinquecento come enti di assistenza per i bambini poveri, da “conservare” lontani dalle nefaste lusinghe della strada, ricoverano i fanciulli e insegnano loro vari mestieri fi no a trovare vocazione defi nitiva nell’esercizio della musica e del canto. Tra i tanti talenti, Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa assurgono ad un successo che li condurrà fi no in Russia, alla corte di Caterina II. Nel 1737, nella Napoli capitale borbonica, la musica lirica trova dimora nel Teatro di San Carlo. Il tema musicale è variamente interpretato dalle manifatture di porcellana napoletana ed europea, fondendo così i due elementi più alla moda e caratterizzanti del secolo. Nei due dipinti, all’ironica visione di Traversi che ritrae una famiglia di parvenues con l’improbabile suonatrice ammirata da un goff o corteggiatore, si contrappone la solenne uffi cialità del quadro di Lemasle raffi gurante Le nozze della principessa Maria Carolina di Borbone con il duca di Berry.

Ascolterete

Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) Il Flaminio ( Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, autunno 1735) “Mentre l’erbetta pasce l’agnella” Gennaro Sica, tenore Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli Direttore d’orchestra, Marcello Panni Warner Fonit 1984

Agli inizi del Settecento si diffonde un genere nuovo di spettacolo, che prende il nome di commedia in musica, in opposizione ai linguaggi e ai significati dell’opera seria.

Tra i capolavori di questo primo periodo si annovera il Flaminio di Giovanni Battista Pergolesi su libretto dell’avvocato Gennaro Antonio Federico, rappresentato al Teatro Nuovo nel 1735

Costumi

Il Flaminio

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, autunno 1735) Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) Stagione Lirica 1982-1983 In collaborazioneMusicali Internazionali 1983 Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Marcello Panni
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il Convitato di Pietra

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1783) Giacomo Tritto (1733-1824) Stagione Lirica 1994-1995 Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli
Direttore d’orchestra: Peter Maag – Michael Güttler
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli Costumi: Odette Nicoletti
Coreografie: Gabriella Stazio Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Nel 1815, in seguito alla sconfi tta di Napoleone, la Restaurazione ristabilisce il potere dei sovrani assoluti in Europa. A Napoli, dopo la fucilazione di Gioacchino Murat, salito al trono nel 1808, ritorna dall’esilio in Sicilia il re Borbone, con il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie. L’avvicendarsi dei sovrani determina sostanziali modifi che nell’arredamento della Reggia: le immagini di un potere ormai sconfi tto, come il grande ritratto uffi ciale dell’Imperatore e le porcellane francesi raffi guranti imprese napoleoniche, vengono imballate e portate via. Per quel che riguarda gli arredi, invece, il re Ferdinando, con spregiudicata avvedutezza e ironizzando sul fatto che Murat era stato un ottimo tappezziere che gli aveva perfettamente arredato le stanze, conserva i pezzi più belli, spesso semplicemente provvedendo alla sovrapposizione dei simboli del potere restaurato su quelli dell’ormai decaduto impero napoleonico. L’Inno borbonico, scritto dal barone Pietro Pisani, musicista dilettante, durante l’esilio di Ferdinando in Sicilia nel 1799, diviene, nel 1815, l’inno uffi ciale della Restaurazione borbonica, così celebre da essere impropriamente considerato di Paisiello.

Forse prima che ti giunga questa mia, avrai saputo dalla via di Calabria che Murat più non esiste.

Ferdinando Di Borbone – lettera al figlio Francesco, 18 ottobre 1815

Ascolterete

Pietro Pisani (1761-1837);
Inno al Re (1799) attribuito impropriamente a Giovanni Paisiello;
Orchestra e coro del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli Direttore d’orchestra, Francesco Vizioli Maestro del coro, Giuseppe Mallozzi Sala Scarlatti del Conservatorio di Napoli Registrazione live del 2016;

L’inno borbonico fu composto nel 1799 dal Barone Pietro Pisani, quando Ferdinando IV riparò in Sicilia a seguito della Rivoluzione Partenopea.
ringraziamento del popolo raccolto attorno al suo sovrano, per il ripristinato tempo di pace.

Costumi

Festa teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987
Autori vari del Settecento Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

L’orchestra di Marechiaro

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769-1770
Giovanni Paisiello (1740-1816)
Stagione Concerti 2001-2002
In collaborazione con il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli Teatro Bellini di Napoli 
Direttore d’orchestra:
Fabio Maestri
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra del Teatro di San Carlo
MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Ampio spazio è riservato nel Salone Camuccini al tema del Grand Tour nato dalle epocali scoperte di Ercolano nel 1738 e di Pompei nel 1748. Gli scavi furono il più grande evento culturale del secolo e furono utilizzati dai Borbone, che ne controllavano gli accessi, come un vero e proprio strumento di propaganda e grande attrazione del Regno delle Due Sicilie. Il Grand Tour divenne la meta imprescindibile per gli aristocratici e gli intellettuali di tutta Europa per completare la propria formazione sociale e intellettuale. Il tema è proposto in maniera originale da Hubert Le Gall con sculture di Righetti, biscuit di Tagliolini, bronzetti della fonderia Chiurazzi, terraglie e porcellane Del Vecchio e Giustiniani, vasi archeologici della collezione De Ciccio, e manichini che indossano i costumi di Emanuel Ungaro realizzati per La Clemenza di Tito di Mozart (Inaugurazione della Stagione Lirica 2010) e di Odette Nicoletti andati in scena per Festa Teatrale (Inaugurazione della Stagione Lirica 1987-1988) e per L’Osteria di Marechiaro di Giovanni Paisiello. In cuffia il Demofoonte di Niccolò Jommelli, che impressionò fortemente il giovane Mozart quando, nel 1770, si recò a Napoli e rimase affascinato dal clima culturale e musicale della città. “L’episodio più interessante del mio viaggio è stata la visita a Pompeia. Qui ci si sente davvero trasportati nell’antichità” scriveva Stendhal nel 1817. A sottolineare il ruolo di Napoli capitale è Charles de Brosses intorno al 1740: “A mio parere Napoli è l’unica città d’Europa ad avere davvero l’atmosfera di una capitale: il movimento, l’affluenza di persone, la grande quantità di servitori e il frastuono che ne consegue; una corte bene organizzata e decisamente brillante, il seguito e lo sfarzo dei gran signori: tutto contribuisce a darle quell’aspetto vivace e animato che hanno Parigi e Londra. Il basso popolo è turbolento, la borghesia frivola, l’alta nobiltà fastosa…”. E, qualche anno dopo, nel 1787 Goethe affermava: “Se mi propongo di scrivere parole, sono sempre immagini quelle che sorgono ai miei occhi: della terra feconda, del mare immenso, delle isole vaporose, del vulcano fumante; e per rappresentare tutto ciò mi mancano gli strumenti adatti”.

Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi!

Jean-Jacques Rousseau 1712 – 1778 Dictionnaire de Musique, 1768

L’ampio salone d’angolo, che conserva importanti testimonianze del gusto neoclassico a Napoli, è affollato dai viaggiatori del Grand Tour: pittori, scultori, musicisti ed eruditi che indossano abiti di scena del Teatro di San Carlo, alcuni firmati da Ungaro. Nel Settecento Napoli non teme rivalità con le altre mete del viaggio in Italia: gli scavi di Ercolano e Pompei, avviati per volontà di Carlo di Borbone rispettivamente nel 1738 e 1748, rappresentano l’attrazione più significativa, indispensabile per completare la formazione degli aristocratici e degli intellettuali di tutta Europa. Nelle cittadine vesuviane l’antico mostra la verità della vita quotidiana, diversamente da Roma che ne documenta soltanto l’aspetto monumentale. Le Antichità di Ercolano, pubblicazione edita dalle stamperie reali quale strumento di propaganda del Regno e della frenetica attività di scavo, fa circolare in Europa le immagini dei reperti custoditi nella Reggia di Portici, che diventano modelli per biscuit, porcellane e bronzi. Nella riproduzione dell’antico si distinsero: Filippo Tagliolini, il capo modellatore della Real Fabbrica Ferdinandea, i cui bianchi biscuit simulano la materia marmorea; la Manifattura romana di Francesco Righetti formatosi presso l’argentiere Luigi Valadier; quella Giustiniani, specializzata in terraglie “all’etrusca”, determinando il successo di un gusto per l’antico che arriva fino ai bronzetti ottocenteschi della Fonderia Chiurazzi. Durante il suo viaggio a Napoli, il giovane Mozart, ad appena quattordici anni, ascolta, al Teatro di San Carlo, il Demofoonte di Jommelli che lo impressiona fortemente. In quegli stessi anni Charles de Brosses scrive: “Napoli è la capitale musicale d’Europa: che vale a dire, del mondo intero!”

Ascolterete

Niccolò Jommelli (1714-1774)
Demofoonte (Quarta versione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1770)
“Se tutti i mali miei” Maria Grazia Schiavo, soprano Orchestra Cherubini Direttore d’orchestra, Riccardo Muti RMM 2009;

Anche Mozart, durante il suo Gran Tour, viene a Napoli e al teatro San Carlo ascolta il Demofoonte di Niccolò Jommelli: opera che impressiona il musicista salisburghese al punto da influire sulla sua formazione artistica. Consapevole del prestigio che sarebbe derivato da una scrittura per i Reali Teatri di Napoli, il giovanissimo Mozart confida al padre: “quando avrò scritto un’opera per Napoli, sarò richiesto ovunque (…); in questo modo si acquista più onore e reputazione che con cento concerti in Germania”.

Costumi

La clemenza di Tito

Prima rappresentazione: Praga, Teatro Nazionale, 6 settembre 1791) Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Inaugurazione Stagione Lirica 2010 Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Jeff rey Tate
Regia: Luca Ronconi
Scene: Margherita Palli
Costumi: Emanuel Ungaro Luci: A. J. Weissbard Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Festra teatrale

Prima rappresentazione:

Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987) Autori vari del Settecento Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo

Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

L’osteria di Marechiaro

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769-1770) Giovanni Paisiello (1740-1816) Stagione Concerti 2001-2002 In collaborazione con il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli Teatro Bellini di Napoli

Direttore d’orchestra: Fabio Maestri
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Gli oggetti esposti in questa sala ben rappresentano tale gusto: i due orologi di Capodimonte con le monumentali casse impreziosite da marmi rari, bronzi cesellati, porcellane e i biscuit parzialmente dorati con i telamoni raffiguranti Antinoo–Osiride, il dio egizio. La stessa figura ritorna, insolita funzione di manico del coperchio, nei vasi da gelo del celebre Servizio da tavola con le Vedute del Regno capolavoro della Real Fabbrica di Napoli. L’Egittomania coinvolse anche la musica napoletana: alla corte di Caterina II di Russia, Domenico Cimarosa mette in musica, nel 1789, il libretto di Ferdinando Moretti intitolato Cleopatra, le cui note accompagnano la visita. I manichini vestono costumi di Odette Nicoletti tratti da Le Convenienze ed inconvenienze teatrali, andato in scena al Teatro San Carlo, con regia del M° Roberto De Simone, per la Stagione Lirica 1996-1997

O Iside e Osiride, qual gioia! Lo splendore del sole discaccia l’oscura notte!

Wolfgang Amadeus Mozart 1756 – 1791 – Il Flauto magico, 1791

A Napoli l’interesse per l’Egitto trova forte stimolo a seguito del ritrovamento, tra il 1764 e il ‘66, del Tempio di Iside a Pompei, uno dei più completi edifi ci cultuali dell’Impero romano. Nel 1769 il celebre incisore Giovan Battista Piranesi pubblica le Diverse maniere d’adornare i cammini e ogni altra parte degli edifi zi desunte dall’architettura Egizia, Etrusca, e Greca proponendo la sua personale e colta lettura dei rapporti tra l’Egitto e le altre antiche civiltà. Questo primo diff ondersi dell’interesse verso l’arte egiziana diviene una vera e propria moda in tutta Europa, a seguito della campagna d’Egitto napoleonica del 1798. I resoconti del folto gruppo di studiosi e scienziati che Napoleone aveva portato con sé determinano il diff ondersi del goût de l’Egypte: piramidi, obelischi, divinità e faraoni diventano elementi decorativi ricorrenti nella porcellana e negli oggetti d’arredo in generale. Ben si inseriscono in questo gusto i due orologi di Capodimonte, la cui fattura fu lunga e costosa: le monumentali casse sono impreziosite da marmi rari, bronzi cesellati, porcellane e biscuit parzialmente dorati con i telamoni raffi guranti Antinoo – Osiride, il dio egizio, derivato dalle statue provenienti da Villa Adriana, con il tipico perizoma e il nemes, sorta di fazzoletto ripiegato sulla fronte. La stessa fi gura ritorna, nell’insolita funzione di manico del coperchio, nei vasi da gelo del celebre Servizio da tavola con le Vedute del Regno, capolavoro della Real Fabbrica di Napoli. Pure il giovanissimo Mozart, durante le sei settimane trascorse a Napoli nella primavera del 1770, visitò il Tempio di Iside e, forse, ne conservò il ricordo ancora venti anni dopo, quando componeva il suo Flauto magico ispirato ai misteri di iniziazione. L’Egittomania coinvolse anche la musica napoletana: alla corte di Caterina II di Russia, Domenico Cimarosa musica, nel 1789, il libretto di Ferdinando Moretti intitolato Cleopatra.

Ascolterete

Domenico Cimarosa (1749-1801)
Cleopatra (Prima rappresentazione: San Pietroburgo, Teatro dell’Ermitage, 27 settembre 1789)
“Se or nembo di guerra” Orchestra e coro Città di Adria Direttore d’orchestra, Franco Piva

Aria : “Da quel labbro o dolce amore”: Cleopatra: Atto II
Dopo il rinvenimento quasi intatto del Tempio di Iside a Pompei, il fenomeno dell’egittomania da Napoli si diffonde ben presto in tutta Europa, fino alla Corte di Caterina II di Russia.

Qui Domenico Cimarosa, ospite della Zarina, musica nel 1789 il libretto di Ferdinando Moretti intitolato la Cleopatra; un’opera con cui si intende celebrare la grandezza della stessa Sovrana.

Costumi

Le convenienze e inconvenienze teatrali

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, 21 novembre 1827  Gaetano Donizetti (1797-1848) Stagione Lirica 1996-1997 Commemorazione di Gaetano Donizetti nel bicentenario della nascita Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Peter Maag
Regia:
 Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Nell’Europa rococò del XVIII secolo si sviluppa un crescente interesse per i mondi esotici, dando vita a quella corrente di gusto che genera, insieme al proliferare di studi storici e scientifici, una vera smania collezionistica per le chinoiseries ovvero tutto ciò che deriva dalla Cina, termine con cui si indicava una vaga e più ampia regione del mondo orientale. A Napoli, fondamentale porto mercantile, tale gusto si diffonde ampiamente determinando la trasformazione dei mobili per i quali viene largamente utilizzata la lacca nera o rossa e l’affermarsi di modelli iconografici orientaleggianti che andarono a decorare porcellane e oggetti vari. Al gusto della chinoiserie si riferisce il boudoir donato, nel 1759, dal re Carlo alla consorte Maria Amalia di Sassonia, cresciuta nel Palazzo Giapponese di Dresda dove il nonno Augusto II aveva raccolto la più grande collezione di porcellane d’Europa. Completamente ricoperto da una decorazione plastica in porcellana, montata originariamente nella Reggia di Portici e poi trasferita a Capodimonte nel 1865, il salottino è l’opera che, meglio di ogni altra, rappresenta l’alto grado di perfezione tecnica e stilistica raggiunto dalla Manifattura di Capodimonte. Il piccolo ambiente privato presenta trofei musicali, festoni di fiori e frutta, uccelli del paradiso, scene di vita con personaggi e animali, cartigli con caratteri cinesi che, in alcuni casi, sono effettivamente traducibili come frasi beneauguranti alla coppia reale, testimoniando la significativa presenza a Napoli dei dotti eruditi del Collegio dei Cinesi, primo luogo di studi orientalistici in Europa, istituito nel 1724 dal missionario Matteo Ripa. La moda delle chinoiseries influenza anche il teatro e la musica come testimonia L’idolo cinese di Paisiello i cui personaggi, che indossano i fantasiosi costumi disegnati da Emanuele Luzzati, invadono il salottino. Nel tono ironico di Paisiello che racconta una Cina che, in fondo, non è così diversa da Napoli, si rispecchia la cultura del tempo che guardò ai mondi

Un buon re dà la felicità agli altri, colui che scolpisce la pietra e il bronzo lascia un ricordo che non può essere dimenticato, come i fiori odorosi.

Iscrizione Di Un Cartiglio Della Decorazione Del Salottino Di Porcellana Di Capodimonte

Ascolterete

Giovanni Paisiello (1740-1816)
L’Idolo cinese (Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, primavera 1767)
“Ouverture“ e “Finale” Orchestra della Svizzera Italiana Direttore d’orchestra, Enrique Mazzola Dynamic 2000

Alla metà del XVIII secolo a Napoli non solo le porcellane e il collezionismo vengono influenzati dal gusto cinese, ma anche il teatro e la commedia in musica, come l’Idolo Cinese, libretto di Giambattista Lorenzi, musica di Giovanni Paisiello, rappresentato al Teatrino di Corte di Napoli nel 1767.

L’opera piacque a tal punto che finanche le guardie borboniche, secondo un aneddoto, risero fino alle lacrime.

Costumi

L’idolo cinese

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, primavera 1767 Giovanni Paisiello (1740-1816) Autunno 1955 Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli 
Direttore d’orchestra:
 Francesco Molinari Pradelli
Regia: Giuseppe Marchioro
Scene e
Costumi: Luca Crippa Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il Convitato di Pietra

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1783) Giacomo Tritto (1733-1824) Stagione Lirica 1994-1995 Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli
Direttore d’orchestra: Peter Maag – Michael Güttler
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli Costumi: Odette Nicoletti
Coreografie: Gabriella Stazio Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

In esposizione minerali provenienti dal Real Museo Mineralogico – inaugurato nel 1801 che oggi raccoglie oltre 30.000 reperti – e dal Museo Zoologico nato nel 1813 ( entrambi sono attualmente confluiti nel Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università Federico II di Napoli, in via Mezzocannone 8). Un omaggio alla nascita degli studi di mineralogia e vulcanologia di inizio XIX secolo che incantarono l’ambasciatore di Inghilterra e pioniere della vulcanologia moderna, lord William Hamilton. Le manifatture esposte esprimono una moderna
sensibilità estetica verso la materia naturale, vero e proprio elemento d’ispirazione per la porcellana, che induce gli artisti a particolari sperimentazioni tecniche in una sorta di sfida imitativa con i materiali naturali, soprattutto di origine vulcanica e marina. Tra i reperti in esposizione una medaglia coniata nella lava del 1819 e raffigurante Ferdinando, re del Regno delle due Sicilie. Si ascolta in cuffia la Sonata in fa minore K 466 di Domenico Scarlatti.

Nessuno, oso dire, ha mai perseverato nelle proprie osservazioni su di un soggetto con maggiore costanza di quanto io abbia fatto durante i dieci e più anni del mio soggiorno a Napoli.

Lord William Hamilton 1730 – 1803 – Da una lettera a John Pringle, presidente della Royal Society di Londra, maggio 1771

Lord William Hamilton giunge a Napoli, nel 1764, come ambasciatore di Sua Maestà Britannica. Uomo di gusto, mondano, collezionista e appassionato di manufatti antichi e di fenomeni naturali, trova nella città il luogo adatto a coltivare i suoi interessi. Nella sua casa accorrono gli amici archeologi, musicisti e artisti attratti dalla sua collezione ma anche da Emma Lyon, la bellissima fanciulla che ha sposato nel 1791 e che, al suono di una lira, si esibisce nelle attitudes, pose che evocano dee e donne dell’antichità. Una serie di ripetute esplorazioni al Vesuvio e ai Campi Flegrei gli consentono di studiare i fenomeni con un approccio rigorosamente scientifi co che si va, fi nalmente, a sostituire ad una visione magico religiosa, rendendolo così il pioniere della vulcanologia moderna. Dopo varie relazioni e resoconti alla Royal Society di Londra, nel 1772 pubblica il volume sul Vesuvio e, nel 1776, la monumentale opera dei Campi Phlegraei, accompagnata da 59 illustrazioni a colori di Pietro Fabris, raffi guranti non solo vedute ma anche Materie vulcaniche, Pietre curiose, Vetrifi cazioni ed altri prodotti vulcanici: tavole che, nella loro bellezza sembrano anticipare una più moderna sensibilità estetica verso la materia naturale che diventa elemento di ispirazione per la porcellana, inducendo gli artisti a particolari sperimentazioni tecniche atte ad aff rontare una sorta di sfi da imitativa con i materiali naturali soprattutto di origine vulcanica.

Ascolterete

Domenico Scarlatti (1685-1757)
Sonata in fa minore K 466 Lucia di Sapio, arpa Registrazione live 2019

Secondo tempo del concerto in Re Maggiore per violoncello di Leonardo Leo senza parlato

Particolarmente interessante e curiosa la sala dedicata agli animali, presenti in esemplari tassidermizzati provenienti dal Museo Zoologico dell’Università Federico II di Napoli. Assieme alle manifatture esposte, essi esprimono lo spirito scientifico tardo settecentesco dei primi musei modernamente intesi e l’importanza della catalogazione come primo strumento di conoscenza. Il soggetto degli animali e, soprattutto, quello degli uccelli, trova largo spazio nella decorazione delle porcellane europee e napoletane qui presentate a diretto contatto con i modelli.
I reperti ornitologici del Museo Zoologico, risalenti al XIX e XX secolo e raccolti in differenti località geografiche, provengono da importanti collezioni storiche tra cui quella di Mario Schettino, amico di Francesco Saverio Monticelli e valente tassidermista, realizzata tra il 1901 e il 1937 e poi donata al Museo, e quella di Cecilia Picchi, ornitologa fiorentina attiva a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Tra gli esemplari, sono da segnalare le specie provenienti dal Real Bosco di Capodimonte, il cui canto, in una registrazione realizzata all’alba in occasione della mostra, accompagna la visita: lo sparviere, il falco cuculo, il gufo reale, il lodolaio, molti dei quali a rischio estinzione, e la volpe, ancora oggi abitualmente avvistata nel sito reale. Molti di questi uccelli sono esposti in una grande voliera al centro della sala accanto ai piatti sui quali sono raffigurati con estremo rigore scientifico ma per ragioni decorative, con colori più vivaci. In questo i principali serviti di porcellana e terraglia delle Manifatture di Napoli competevano, per maestria, con quelle di Vienna e di Sèvres. Si comprende, così, che un servito da tavola diviene anche un catalogo naturalistico della fauna del Regno, come nel servito di Carditello, storica fattoria e tenuta di caccia reale, finemente decorato con uccelli del Bosco.

Sono gli uccelli naturalmente le più liete creature del mondo. Non dico ciò in quanto se tu li vedi o gli odi, sempre ti rallegrano; ma intendo di essi medesimi in sé, volendo dire che sentono giocondità e letizia più che alcuno altro animale.

Giacomo Leopardi – Elogio degli uccelli, 1824

Ascolterete

Canto degli uccelli Registrazione realizzata nel Real Bosco di Capodimonte

Protagonista il Vesuvio, narrato in pittura nelle sue più importanti eruzioni e testimoniato dai reperti minerari esposti, provenienti dal Real Museo Mineralogico: vesuvianite, granato, leucite, lazurite, ematite e altri. Nel corso del Settecento le eruzioni si susseguono e il Vulcano dà spettacolo ispirando artisti come Hackert, pittore ufficiale di Ferdinando IV dal 1791 e, soprattutto, il francese Jacques Volaire che, stabilitosi definitivamente a Napoli nel 1769, si specializzò nella rappresentazione notturna del Vesuvio in eruzione.
Le porcellane, quasi in rivalità con la natura, da una parte imitano la materia mineraria, dall’altra illustrano il sublime del Vesuvio. Nel surtout de table con Il carro del Sole, in particolare, realizzato dalla Real Fabbrica di Napoli ma completato dalla Manifattura Poulard Prad, il bianco opaco e puro del biscuit trova particolare esaltazione nel contrasto con le nere pietre laviche dell’allestimento. Nella sala nera e rossa l’evocazione del sublime è esaltata dalla musica di Giovanni Pacini dedicata a L’ultimo giorno di Pompei, quell’impressionante calamità che indusse Goethe ad annotare sul suo diario: “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità”.

Se mi propongo di scrivere parole, sono sempre immagini quelle che sorgono ai miei occhi: della terra feconda, del mare immenso, delle isole vaporose, del vulcano fumante; e per rappresentare tutto ciò mi mancano gli strumenti adatti.

Johann Wolfgang Goethe 1749 – 1832 – Viaggio in Italia, 1787

La pittura di paesaggio, sviluppatasi in città ad opera soprattutto dei vedutisti stranieri, ha come protagonista indiscusso il Vesuvio con la sua maestosa sagoma che attrae e spaventa, sollecitando il sentimento preromantico del sublime. Nel corso del Settecento le eruzioni si susseguono e il Vesuvio dà spettacolo ispirando artisti come Hackert, pittore uffi ciale di Ferdinando IV dal 1791 e, soprattutto, il francese Jacques Volaire che, stabilitosi defi nitivamente a Napoli nel 1769, si specializzò nella rappresentazione notturna del Vesuvio in eruzione, animato dalla presenza incuriosita dei colti eruditi e dal popolo terrorizzato che chiede grazia a San Gennaro, protettore della città, dalla lava e dalle fi amme minacciose. Anche nel dipinto ‘storico’ di Antonio Joli che illustra la malinconia con la quale Napoli assiste alla partenza del re Carlo per la Spagna nel 1759, lasciando sul trono il piccolo Ferdinando, il fulcro visivo è rappresentato dal vulcano. Il surtout de table con Il carro del Sole preceduto dall’Aurora e circondato da dodici fi gure danzanti che rappresentano le ore fu realizzato dalla Real Fabbrica di Napoli ma completato dalla Manifattura Poulard Prad cui si deve la fi gura di Carolina Bonaparte Murat seduta al posto di Apollo. Il bianco opaco e puro del biscuit trova particolare esaltazione nel contrasto con le nere pietre laviche dell’allestimento, provenienti, come gli altri materiali lapidei, dal Real Museo Mineralogico, istituito nel 1801 e oggi parte del Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università “Federico II” di Napoli. Nella sala nera e rossa l’evocazione del sublime è esaltata dalla musica di Giovanni Pacini dedicata a L’ultimo giorno di Pompei, quell’impressionante calamità che indusse Goethe ad annotare sul suo diario: “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità”.

Ascolterete

Giovanni Pacini (1796-1867)
L’ultimo giorno di Pompei (Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 19 novembre 1825)
“Quale scoppio”
Interpreti: Raoul Gimenez, Tano Tamar, Nicolas Rivenq, Gregory Bonfatti
Coro da Camera di Bratislava diretto da Pavel Prochazka  Orchestra del Teatro Bellini di Catania
Direttore d’orchestra: Giuliano Carella – Dynamic 2012

Il tema dell’ultima notte di Pompei trova un’ampia diffusione nella produzione artistica e letteraria dell’epoca, come ne “L’ultimo giorno di Pompei”, opera lirica di Giovanni Pacini, rappresentata al San Carlo, con enorme successo, la sera del 19 novembre 1825. Una pagina sublime, che si snoda in un ritmo concitato, dove le voci vibranti dei solisti si contrappuntano a quelle di un coro sgomento, amplificando il senso di inquietudine suscitato dall’eruzione del Vesuvio.

Costumi

Il Flaminio

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, autunno 1735) Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) Stagione Lirica 1982-1983 In collaborazioneMusicali Internazionali 1983 Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Marcello Panni
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il Convitato di Pietra

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1783) Giacomo Tritto (1733-1824) Stagione Lirica 1994-1995 Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli
Direttore d’orchestra: Peter Maag – Michael Güttler
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli Costumi: Odette Nicoletti
Coreografie: Gabriella Stazio Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Pulcinella, sovversivo personaggio, antica maschera napoletana, assai in voga nella Commedia dell’Arte settecentesca, comico e tragico, ingenuo eppure scaltro, approfittatore e generoso, servo del padrone e, allo stesso tempo, sbeffeggiatore del potere domina il Salone delle Feste. Pulcinella, con il suo ermafroditismo, sovverte la rigida e tradizionale organizzazione sociale e sessuale e, autofecondandosi, partorisce altri Pulcinella: il trionfo ironico della vita. Pulcinella muore sulla scena – come si vede nella pellicola in proiezione “Carosello napoletano” del 1958

Non che fosse più quieta della terra, la vetta dell’etere: Napoli ha avuto un grande fi losofo: Pulcinella

Libero Bovio – Don Liberato si spassa, 1941

Il grande salone delle feste vede protagonista Pulcinella, l’antica maschera napoletana, assai in voga nella Commedia dell’Arte settecentesca. Comico e tragico, ingenuo eppure scaltro, approfi ttatore e generoso, arrogante nella sua maleducazione eppure capace di gesti delicati, servo del padrone, scettico verso le possibilità di mutamento del mondo e, allo stesso tempo, sbeff eggiatore dei potenti, Pulcinella incarna il sentimento del doppio, anche grazie alla sua ambiguità sessuale che sovverte anche l’organizzazione sociale dei sessi. Egli fonde ad elementi maschili quali il naso adunco, il cappello a punta e il corno fallico, la femminilità del suo ventre prominente, perennemente gravido. Nella tradizione popolare a Carnevale, prima di morire, Pulcinella, autofecondandosi, partorisce un nuovo Pulcinella. In Carosello napoletano, fi lm di Ettore Giannini del 1954, Pulcinella, interpretato da Léonide Massine, dopo aver sedotto Colombina resta incinto e partorisce delle uova che rimandano ad una delle varie ipotesi sulla sua venuta al mondo proprio da un uovo, antichissimo simbolo di rinascita. E prima di morire in scena, Pulcinella passa la maschera ironizzando sul principio dinastico del passaggio del potere: è morto il re, viva il re!

Ascolterete

Giovanni Paisiello (1740-1816) Pulcinella vendicato (Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini 1769-1770) “Gioia de st’arma mia, cara nennella” Roberta Invernizzi, soprano Giuseppe De Vittorio, tenore Orchestra de’ Turchini Direttore d’orchestra, Antonio Florio OPUS 111 (Harmonia Mundi) 2004

Pulcinella è uno dei simboli più complessi, sfuggenti e contraddittori della cultura napoletana.Nella Claudia Vendicata, farsa all’Osteria di Marechiaro di Giovanni Paisiello su libretto di Francesco Cerlone del 1769, Pulcinella e Carmosina compaiono sulla scena intonando un duetto, in cui le suggestioni popolareggianti di una melanconica “aria mare” si mescola a ritmi di tarantella.

Costumi

Pulcinella

Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre de l’Opéra, 15 maggio 1920); Igor Stravinskij (1882-1971) Balletto in un atto: Léonide Massine Stagione Lirica 1987-1988; Coreografi a danzata insieme a Paganini e Gaité parisienne Teatro di San Carlo.
Direttore d’orchestra: Pierluigi Urbini; Supervisione alla coreografia: Lorca Massine Realizzazione della coreografia: Susanna Della Pietra Scene e Costumi da studi di Pablo Picasso; Ricostruzione storica delle scene: Michele Della Cioppa; Ricostruzione storica dei costumi: Giovanna De Palma Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Le nozze di Figaro

Prima rappresentazione: Vienna, Burgtheater, 1 maggio 1786) Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Tournée del Teatro di San Carlo a Dubai, 2017 Dubai Opera
Direttore d’orchestra: Maurizio Agostini Regia: Mariano Bauduin
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Giusi Giustino Luci: Vincenzo Raponi Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Pergolesi in Olimpiade

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 21 gennaio 2011) Giovan Battista Pergolesi (1710-1736)
Roberto De Simone
Inaugurazione Stagione Lirica 2011 Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Alessandro De Marchi
Regia: Roberto De Simone Scene: Mauro Carosi Costumi: Odette Nicoletti Luci: Guido Levi Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

La furba e lo sciocco

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Bartolomeo, 1731 Domenico Sarro (1679-1744) Stagione Lirica 2011-2012 Eseguito assieme a Il maestro di cappella di Domenico Cimarosa Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli
Direttore d’orchestra: Giovanni Di Stefano Regia: Lamberto Puggelli
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Giusi Giustino Luci: Bruno Ciulli Orchestra del Teatro di San Carlo e Fratelli Giustiniani di Napoli MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Festra teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987;
Autori vari del Settecento; Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo;
Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn Regia: Roberto De Simone Scene: Mauro Carosi;
Costumi: Odette Nicoletti Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Te voglio bene assaje

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di Palazzo Reale, 4 dicembre 1774) Giovanni Paisiello (1740-1816) Stagione Concerti 1996-1997 Prima esecuzione moderna con revisione di Roberto De Simone Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Claudio Scimone Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi Costumi: Odette Nicoletti Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il Divertimento de’ Numi

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 20 settembre 1997) Gaetano Donizetti (1797-1848) – Autori vari Stagione Lirica 1996-1997 Commemorazione di Gaetano Donizetti nel bicentenario della nascita Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Marko Letonja Regia: Roberto De Simone
Scene: Giovanni Girosi
Costumi: Odette Nicoletti Coreografie: Luciano Cannito Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il convitato di pietra

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1783) Giacomo Tritto (1733-1824) Stagione Lirica 1994-1995 Teatro di Corte, Palazzo Reale di Napoli
Direttore d’orchestra: Peter Maag – Michael Güttler
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Odette Nicoletti Coreografie: Gabriella Stazio Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Nel monumentale centro tavola in biscuit commissionato da Ferdinando IV, il soggetto mitologico, riferibile al diff uso gusto per l’antico, trova una particolare declinazione politica, quale monito severo verso chiunque, suggestionato dalle ideologie rivoluzionarie che ormai serpeggiavano anche nel Regno di Napoli, intendesse minare il potere centrale del re. La tragica conclusione della Repubblica Partenopea che nasce e muore nel 1799, concludendosi con un vero e proprio bagno di sangue voluto soprattutto da Maria Carolina, sorella di Maria Antonietta ghigliottinata a Parigi nel 1793, fa della regina un bersaglio di invettive e parodie, una donna “pazza e già tutte lu sanno” come recita il canto La serpe a Carolina. Ad osservare, terrorizzata, la rovinosa caduta è proprio la regina, nel costume realizzato da Odette Nicoletti per La festa teatrale, pastiche musicale ideato dal Maestro Roberto De Simone per le celebrazioni del 250° anniversario del Teatro di San Carlo. Nei due dipinti, Angelica Kauff mann, pittrice di corte, ritrae, nell’ultimo quarto del Settecento, la famiglia del re Ferdinando e Maria Carolina, con la numerosa prole, mentre Giuseppe Cammarano, circa quaranta anni dopo, immortala la famiglia di Francesco I.

Non che fosse più quieta della terra, la vetta dell’etere: narrano che i Giganti pretendessero al regno celeste, e con i monti ammassassero cataste fi no alle stelle. Lanciò allora un fulmine, il padre onnipotente, e distrusse l’Olimpo.

Ovidio – Metamorfosi, I, 151-155

Ascolterete

Anonimo La serpe a Carolina Canto dei primi dell’800, rielaborato da Roberto De Simone nel 1972 Nuova Compagnia di Canto Popolare RCA Records Label 2013

La sovrana asburgica consorte di Ferdinando IV, Maria Carolina d’Austria, appena giunta a Napoli deve fare i conti con aspre critiche e dissapori in seno alla stessa corte, al punto da divenire bersaglio prediletto di canti e invettive, come la famosa “Serpe a Carolina”. Un canto icastico e colorito che prende di mira gli aspetti più vulnerabili e fragili della sovrana quali i tradimenti e gli amori extra-coniugali con Caramanico e l’Ammiraglio Acton.

Costumi

Il Divertimento de’ Numi

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di Palazzo Reale, 4 dicembre 1774) Giovanni Paisiello (1740-1816);
Stagione Concerti 1996-1997.
Prima esecuzione moderna con revisione di Roberto De Simone Teatro di San Carlo Direttore d’orchestra: Claudio Scimone 
Regia
: Roberto De Simone;
Scene: Mauro Carosi;
Costumi: Odette Nicoletti

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Festra teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987) Autori vari del Settecento;
Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737);
Teatro di San Carlo Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn;
Regia: Roberto De Simone;
Scene: Mauro Carosi;
Costumi: Odette Nicoletti;

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Nel Settecento il gioco rappresenta un rituale mondano che accomuna aree geografi che diverse e diff erenti ceti sociali. Anche a Napoli si gioca nei salotti aristocratici e nei bassifondi, nei circoli e nei caff è, nelle case delle più raffi nate cortigiane e nelle osterie, e dovunque risuonano espressioni tipiche della musica napoletana, come la villanella Vurria ca fosse ciaula (Vorrei essere un uccello) il cui testo, onirico e surreale sembra proprio ricondurci alla dimensione più peculiare del gioco partenopeo: la sfi da al destino. Il lotto, infatti, è il vero gioco emblematico della città che implica capacità divinatorie e magiche e accomuna al sentimento greco del fato ineluttabile il fascino dell’azzardo. Se il popolo spende il suo denaro nel tentativo di interpretare e mutare a proprio favore il corso degli eventi, negli ambienti nobili si dilapidano patrimoni con scacchi e dame, carte, tris, roulettes e tric-trac, giochi particolarmente amati come testimoniano i tavoli e le scatole da gioco di squisita fattura. Viaggiatori e avventurieri, poi, assai spesso approfi ttano della sciocca ingenuità di alcuni e ricorrono a stratagemmi e imbrogli dai quali scaturiscono violente risse come quella raffi gurata nel dipinto di Gaspare Traversi.

…Si gioca. Si vedono i saloni occupati da tavoli, circondati di donne e uomini che il furore del gioco rende concentrati. Se non vi dedicate a questo loro piacere, appena vi guarderanno. Ma se vi ci dedicate, la vostra borsa è immediatamente in gran pericolo…

Marchese De Sade – Voyage d’Italie, 1776

Ascolterete

Anonimo Vurria ca fosse ciaola Villanella, seconda metà del ‘500 Voci: Francesca Cera e Letizia Calandro Ensemble Arte Musica Fox Band Srl 2016

Manca testo audioguide

 

Costumi

Le nozze di Figaro

Prima rappresentazione: Vienna, Burgtheater, 1 maggio 1786) Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Tournée del Teatro di San Carlo a Dubai, 2017 Dubai Opera
Direttore d’orchestra: Maurizio Agostini Regia: Mariano Bauduin
Scene: Nicola Rubertelli Costumi: Giusi Giustino
Luci: Vincenzo Raponi Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Festa teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987 Autori vari del Settecento Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

 

L’osteria di Marechiaro

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769-1770) Giovanni Paisiello (1740-1816) Stagione Concerti 2001-2002.
In collaborazione con il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli Teatro Bellini di Napoli.
Direttore d’orchestra: Fabio Maestri
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli.
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Nella selezione di porcellane napoletane ed europee esposte in questa galleria spicca il Servizio dell’Oca, così detto dalle figure di alcuni pomelli di zuppiere raffiguranti un bambino che strozza l’oca, derivato da un’antica scultura in marmo dei Musei Capitolini. Il servizio è il capolavoro della Real Fabbrica della porcellana di Napoli, fondata dal re Ferdinando IV nel 1771. Il tema dominante della decorazione è rappresentato da vedute derivate in gran parte da incisioni che illustrano il Regno dall’Abruzzo alla Sicilia. Si ascolta in cuffia “Saper Bramante” da Il Barbiere di Siviglia di Giovanni Paisiello

Più si procede lungo l’Italia e più la musica avanza nella perfezione. E Napoli è l’apice.

Gabriel François Coyer – Voyage d’Italie et d’Holland, 1775.

Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Servizio dell’Oca
realizzato nel 1793-1795 dalla Real Fabbrica delle Porcellane di Napoli
per la corte di re Ferdinando IV di Borbone
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

Ascolterete

Giovanni Paisiello (1740-1816) Il Barbiere di Siviglia (Prima rappresentazione: San Pietroburgo, Teatro dell’Ermitage, 15 settembre 1782) “Saper bramate” Mirko Guadagnini, tenore Orchestra da camera del Festival Giovanni Paisiello Direttore d’orchestra, Giovanni Di Stefano Bongiovanni 2008

Si ritiene che il mandolino napoletano risalga alla metà del XVII secolo ad opera della celebre Casa Vinaccia, che per prima avrebbe sostituito le corde di ottone con quelle di acciaio, dotando lo strumento di nuove possibilità timbriche ed espressive. Lo strumento conosce una tale diffusione che non solo la Regina Maria Carolina di Napoli ne diviene una celebrità

L’intitolazione della sala, tratta dall’opera teatrale di Eduardo Scarpetta del 1888, sottolinea il complesso rapporto che si stabilisce a Napoli tra classi sociali diverse. La nobiltà vive tra indispensabili cameriere, facchini, servi e valletti, con i quali si crea inevitabilmente un clima di promiscuità nel quale fi oriscono amori più o meno leciti, nascono malintesi, diverbi e litigi. Ne traccia un quadro straordinario l’opera di Paisiello L’Osteria di Marechiaro, del 1769 che narra dell’amore del conte di Zampano per Chiarella. La rivisitazione del Maestro Roberto De Simone si è avvalsa, nella messa in scena per il Teatro di San Carlo nel 2001, dei costumi di Odette Nicoletti, veri protagonisti di questa sala: la scelta di materiali poveri e contemporanei utilizzati sia per i ricchi che per i poveri con lavorazioni diff erenti che ne esaltano il potenziale estetico, sembra sottolineare quell’inestricabile rapporto della maglia sociale e conferisce dignità anche agli stracci dei personaggi più poveri che non si sottraggono al complesso gioco della seduzione, sotto gli occhi dei potenti e illustri personaggi ritratti nei dipinti della sala.

Si viaggia soltanto su sedie portate da facchini […] nulla eguaglia la bellezza di questi carri dorati nei quali si fanno trasportare le dame di corte; i valletti a piedi, i facchini vestiti con livree di gala, i paggi, i gentiluomini riccamente abbigliati e che scortano le sedie, danno a tutto il corte un’aria di magnifi cenza veramente imponente

Marchese De Sade –Voyage d’Italie, 1776

Ascolterete

Giovanni Paisiello (1740-1816) L’Osteria di Marechiaro (Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769-1770) “Chiarella sient’a me” Giancarlo Tosi, tenore Orchestra La Camerata di Mosca Direttore d’orchestra, Domenico Sanfi lippo Bongiovanni 1991

L’Osteria de Marechiaro andò in scena al Teatro dei Fiorentini nell’autunno del 1768 con enorme successo, replicata per oltre cento sere consecutive. Essa vuole essere una pungente satira della società del tempo contro intellettuali e accademie snob della Città. Una satira resa sul piano musicale mediante la contrapposizione di elementi aulici ed elementi triviali, linguaggio accademico e guizzo istrionico.

Costumi

L’osteria di Marechiaro

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769-1770) Giovanni Paisiello (1740-1816) Stagione Concerti 2001-2002 In collaborazione con il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli Teatro Bellini di Napoli Direttore d’orchestra: Fabio Maestri
Regia: Roberto De Simone
Scene: Nicola Rubertelli
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

Il divertimento De’ Numi

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di Palazzo Reale, 4 dicembre 1774) Giovanni Paisiello (1740-1816) Stagione Concerti 1996-1997 Prima esecuzione moderna con revisione di Roberto De Simone Teatro di San Carlo Direttore d’orchestra: Claudio Scimone
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

La moda della parrucca è introdotta in Francia nel Seicento da Luigi XIII, presto imitato da cortigiani, ambasciatori e visitatori stranieri che ne diff ondono l’uso in patria. Le acconciature diventano, poi, sempre più complesse e rendono prestigioso il lavoro del parrucchiere che realizza vere e proprie “costruzioni” di capelli, toupet e ornamenti vari costringendo le dame a trovare, nella veglia e nel sonno, posizioni congeniali a non rovinarle. Il più celebre e potente fu Léonard, coi eur della regina Maria Antonietta al quale Maria Carolina chiese di inviare a Napoli delle bambole acconciate di sua mano per proporle come modelli ai suoi parrucchieri ma, preoccupata che questi ultimi non fossero all’altezza, chiese e ottenne dalla sorella Maria Antonietta di inviare Léonard presso di lei almeno una volta all’anno. Caratteristiche del parrucchiere francese sono le acconciature con sciarpe, gioielli, uccelli e battelli come quella “à la Belle Poule” dal nome della fregata francese che, dopo varie campagne in America e nelle Indie, partecipò alla guerra d’indipendenza americana. La moda era, infatti, inevitabilmente collegata alla storia e alla politica e questo sollecitò ancor di più la pungente ironia dei primi caricaturisti, documentata da un gran numero di incisioni. La futilità delle apparenze, in netto contrasto con la profondità del pensiero illuminista, costituisce il grande fascino di questo momento vissuto dalle corti e dai ceti aristocratici come le battute fi nali di un fuoco pirotecnico destinato a spegnersi con la Rivoluzione francese e la defi nitiva caduta dell’Ancien Régime

Le signore si distinguono per altre bizzarrie, come quella di far diventare ogni giorno più alte le loro acconciature.Vediamo così una dama con un villaggio in testa, un’altra con un bosco intero, un’altra ancora con un bel prato o un gran ponte […] un artista ha sfruttato l’occasione per impreziosire ancor più gli ornamenti ricorrendo alla meccanica, cioè nascondendovi scatole musicali che ogni tanto suonano, o anche canarini gorgheggianti.

Francesco Florimo 1800 – 1888- La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori

Museo e Real Bosco di Capodimonte
Napoli, Napoli, Napoli
di Lava, Porcellana e Musica
© photo Luciano Romano 2019

Ascolterete

Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) La serva padrona (Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Bartolomeo, 28 agosto 1733) “Contento tu sarai” Federica Zanello, soprano Michele Govi, basso Ensemble Regia Accademia Direttore d’orchestra, Marco Dallara Tactus 2007

La commedia in musica si affaccia nel Settecento con tutta la sua vitalità dirompente, spregiudicata e irriverente nei confronti del Potere e delle etichette del vivere civile. La perfetta aderenza della musica alle parole, la grazia nel tratteggiare la psicologia dei personaggi, sono gli elementi distintivi di un’opera che assurge a cifra stilistica di una intera cultura: emblema di un’era felice e irripetibile della storia di Napoli.

Costumi

Festa teatrale

Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 4 novembre 1987 Autori vari del Settecento Inaugurazione Stagione Lirica 1987-1988 Celebrazione del 250° anniversario del Teatro di San Carlo (Fondazione: 4 novembre 1737) Teatro di San Carlo
Direttore d’orchestra: Gustav Kuhn
Regia: Roberto De Simone
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo Costume | Maria Carolina, interpretata da Katia Ricciarelli MEMUS – Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo

“Carosello napoletano” è il nome scelto per l’installazione multimediale progettata e realizzata da Kaos Produzioni all’interno della Sala della Culla, che chiude il percorso di visita della mostra “Napoli, Napoli. Di lava, porcellana e musica”. Napoli con la sua storia si racconta da un punto divista privilegiato: dalle stanze e dai corridoi di Capodimonte il pubblico assiste allo spettacolo che si svela davanti ai suoi occhi. L’uso delle tecnologie multimediali e del videomapping permette di valorizzare al meglio lo spazio creando un dialogo tra passato e presente, in un fluire di immagini e suoni che lo trasformano come una grande macchina teatrale. Abbiamo provato ad immaginare Capodimonte come luogo al tempo stesso spettatore e attore di un’epoca frenetica e seducente, unica e contraddittoria, ricca di fascino, di ingegno creativo che diventa produttivo, rendendo Napoli vera capitale di un regno al suono roboante delle continue esplosioni ed eruzioni del Vesuvio di quegli anni. Un luogo che mette in scena se stesso e la sua relazione con la città, con il Teatro San Carlo con il quale condivide la paternità, con la scoperta di Pompei che il Vesuvio restituisce dopo secoli di soffocante protezione. Il racconto si apre con feste di palazzo e balli in maschera, figurini dei costumi del Teatro San Carlo volteggiano a passo di danza; tra vocalizzi e accordature di strumenti ci si prepara ad andare in scena: si alza il sipario e sul palcoscenico del teatro si assiste all’opera L’Osteria di Marechiaro, finché il rombo di un tuono non interrompe lo spettacolo. Un’esplosione di fuochi d’artificio illuminai quadri presenti in Sala, mentre al suono  di tammorre e litanie laterra comincia a tremare: il Vesuvio fa sentire la sua voce e lo spettacolo pirotecnico si trasforma in un’eruzione di lava e lapilli. In questo scenario che oscilla tra la morte e la vita solo un’invocazione a San Gennaro può fermare la catastrofe. Mala morte a Napoli non è definitiva, ma apparente, pronta ad assumere significati altri e a generare nuova vita.

Museo e Real Bosco di Capodimonte
Napoli, Napoli
di Lava, Porcellana e Musica
Carosello Napoletano di Stefano Gargiulo

 

 

È curato da Hubert le Gall, un artista e scenografo francese, nato nel 1961.
Le Gall realizza sculture e arredi poetici combinando diversi materiali, come ha fatto con il bronzo, con una libertà tale da diventarne la cifra artistica.
In quanto designer, si distingue dai suoi contemporanei per lo sguardo da scultore e per la riflessione ironica sulla forma e la funzione degli oggetti.
Molte sue creazioni sono esposte nelle collezioni permanenti di musei francesi e internazionali come il Musée des Beaux-Arts di Montréal (Québec) o il Musée « La piscine » di Roubaix. Ha realizzato molteplici progetti per il Mobilier National e per numerose ambasciate francesi all’estero. È  rappresentato nel mondo da una decina di rinomate gallerie.
Nel 2014 e 2015 tiene due esposizioni personali al Musée Francisque Mandet e al Château Borély a Marsiglia.
Dal 2002 Hubert le Gall conduce, parallelamente al suo lavoro di artista e designer un’attività di scenografo per i più grandi musei di Francia e d’Europa. A lui si deve, tra la altre, gli allestimenti della mostra su Claude Monet al Grand Palais e  su Pierre Bonnard  al Musée d’Orsay.
Nel 2015 collabora con grandi nomi dell’alta moda. La Maison Hermès gli affida il ruolo di direttore artistico dell’esposizione « Wanderland », che farà il giro del mondo. Per la Maison Ruinart realizza una serie di sculture intitolate « Calendrier de verre » (Calendario di vetro).
Precursore di quella che è oggi l’attività dello scenografo, contribuisce a conferire alle esposizioni una dimensione narrativa e plastica che ne garantisce il successo. Numerosi musei fanno appello ai suoi consigli per l’assetto delle sale delle esposizione permanenti.

C’era una volta una regina che viveva…

in una tazza…?

Ma no! viveva con il re in un Regno bellissimo con un cielo azzurro azzurro nel quale, di giorno, rifulgeva il sole e di notte i bagliori della lava incandescente del Vesuvio.

La sua capitale era NAPOLI, una città dove tutti amavano trascorrere il loro tempo tra svaghi quali la musica, il teatro, i giochi e una miriade di oggetti d’arte come quelli in porcellana che erano veramente di gran moda.

Andiamo a scoprirla insieme?

 

Sala della Musica Sacra

 

Ssss… fai silenzio, entra in punta di piedi! Non vedi che siamo in una chiesa con il suo grande ciborio, che è il luogo in cui si custodisce l’ostia, tutto decorato da pezzetti di marmo colorato e da bronzi, mentre siamo osservati da dolci angeli in marmo?

E ascolta questa musica emozionante scritta da Pergolesi, un musicista napoletano che nonostante sia morto giovanissimo, nel 1736, a soli 26 anni, ci ha lasciato dei brani sublimi come questo dedicato alla morte di Cristo e al dolore della sua mamma.

 

 

Sala della Musica Profana

 

Qui la musica cambia! Si fa allegra o trionfante, buffa o solenne come i due dipinti.

Osserva: in un quadro è raffigurata una ridicola signorina assai poco elegante e molto incerta che suona il clavicembalo mentre il suo fidanzato ascolta annoiato; nell’altro, invece, tutti sono composti ed eleganti: si tratta nientedimeno che del matrimonio della figlia del re di Napoli con il duca di Berry che si svolge nella cappella del Palazzo Reale di Napoli!

E a suonare, questa volta, ci sono due campioni: il violinista Paganini e il compositore Paisiello. Riesci ad individuarli?

 

Sala del Potere

Ma che disordine! Dì la verità: sembra la tua camera?

Casse di imballaggio ricolme di oggetti, uomini sulle scale che spostano quadri…davvero strana tanta confusione in una reggia come questa!

Ti stai chiedendo cosa mai stia succedendo? Te lo dico io: c’è chi va e chi viene…

Quanti proprietari ha cambiato questo palazzo! Per primo c’è stato Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734, che l’ha fatto costruire; poi suo figlio Ferdinando e poi Joachim Murat. Il grande ammiraglio francese diventa infatti re di Napoli quando suo cognato che è nientepopodimeno che Napoleone, nel 1806, conquista anche il regno di Napoli. Sono sicura riconosci facilmente l’imperatore nel grande quadro!

Ma questi uomini osano tirar giù il suo ritratto  perché, ormai, è stato sconfitto e il dipinto in soffitta, esiliato come lui…

I Borbone tornano a casa.

 

Sala del Grand Tour

Ma quanta gente in questa sala! Sono i turisti, i primi turisti che arrivano a Napoli e sono tutti personaggi illustri perché, a quei tempi, a viaggiare erano davvero in pochi: ambasciatori, artisti, musicisti, letterati, giovani rampolli delle famiglie aristocratiche.

E, da vari paesi dell’Europa, venivano tutti in Italia, soprattutto a Napoli.

Era bella, la nostra città: il cielo azzurro, il mare, i dintorni e, soprattutto, gli scavi di Ercolano e Pompei da poco riscoperti dopo che le città erano state sepolte, tanti secoli prima, da una terribile eruzione del Vesuvio di cui parleremo più avanti, ricordatene.

E quando tornavano a casa tutti volevano portare un ricordo del loro viaggio: un oggetto con le immagini delle cose belle che avevano visto.

Perché non provi anche tu a fare un ritratto della bella Napoli?

 

 

Sala dell’Egittomania

Piramidi, alti dignitari, steli, geroglifici su grandi orologi, piatti e oggetti… ma dove siamo?

Ancora a Napoli dove, nel I secolo d.C. erano arrivati i mercanti alessandrini a vendere e comprare e avevano costruito i loro templi dedicati alle loro divinità come quello di Iside a Pompei.

Nel Settecento i primi archeologi scoprono questi antichi monumenti e tutti si innamorano di queste nuove forme e di questi bizzarri personaggi.

Napoleone, che voleva conquistare il mondo, andò fino in Egitto e portò con sé tanti esperti che al loro ritorno, diffusero la conoscenza di tutto quel che avevano visto.

Ma non ti sembrano un po’ buffi fuori dal loro contesto?

 

Sala delle Chinoiseries

Non contenti dell’Africa i ricchi nobili rivolsero la loro attenzione alla Cina.

Beh… devo confessarti una cosa un po’ imbarazzante: la geografia non era proprio il loro forte e quando dicevano Cina spesso intendevano indicare tutto quello che era orientale, esotico, diverso dalle abitudini europee.

Tu, invece, sono sicuro che individui la Cina su un atlante a colpo d’occhio. Vero…?

Comunque, gli oggetti “cinesi” sono belli e allora… tutti a copiare: mobili, dipinti, porcellane, tutto rimanda a quell’affascinante mondo.

E per la regina… voilà! Una stanza tutta per lei interamente in porcellana, con i cinesini, le scimiette, gli uccelli e i ricchi festoni coloratissimi.

Peccato che non si possa entrare: la regina ne è gelosissima.

 

Sala della Materia

Quante volte, dopo una passeggiata in campagna o al mare sei tornato a casa con le tasche piene di pietre, sassi, rametti legnosi, conchiglie? Tante, ne sono sicuro.

Bene: quelle pietre, soprattutto quelle lucide lucide e nere nere del Vesuvio piacevano tantissimo anche ad un signore molto più grande di te e tanto importante: l’ambasciatore del re di Inghilterra William Hamilton.

William amava arrampicarsi sul Vesuvio, studiarlo, annotare le sue reazioni e da quelle spedizioni tornava sempre con il suo bottino che poi conservava nella sua casa insieme ai vasi antichi, altra sua grande passione!

 

Sala della Natura

Dipinti, statue, oggetti preziosi: ecco quello che ti aspetti di vedere in un museo come quello di Capodimonte.

Ma scommetto che a te piacciono tantissimo anche gli animali e allora eccoti accontentato.

Mammiferi ma soprattutto tanti uccelli, non solo riprodotti sulle porcellane ma… in carne ed ossa, anzi meglio in piume e pelo. Riesci a riconoscerli? Certo, vederli così, morti e impagliati fa un po’ tristezza ma, nei tempi passati, questa pratica è stata necessaria per osservarli, studiarli e conoscerli.

Noi, per fortuna, oggi abbiamo la fotografia, i video e, tramite apparecchiature speciali riusciamo ad osservarli senza disturbarli. E così, proprio poco tempo fa abbiamo saputo che nel bosco c’è stato un lieto evento: è nata una volpe!

 

 

Sala dell’Eruzione

La sagoma del Vesuvio fumante piaceva tanto a viaggiatori e artisti che più volte lo hanno ritratto nelle loro opere. Che spettacolo, quando brontolava e lanciava dalla sua bocca fuoco e fiamme, cenere, lapilli e lave! Di notte il cielo si tingeva di rosso… era bellissimo però… faceva anche paura e il popolo, spaventato e superstizioso, ignorante dei fenomeni scientifici, gli attribuiva un’anima, pensando che volesse punirli per qualche malefatta e si riuniva per pregare insieme. Cercalo!

 

 

Sala dei Pulcinella

 

Cerca di metterti sulla punta dei piedi e controlla un po’ i tuoi abiti allo specchio, sistema i capelli, assumi un atteggiamento composto e un po’ altezzoso: il re ti ha invitato alla sua festa e sei appena giunto nel Salone da ballo! Ma gli ospiti d’onore oggi non sono gentiluomini e dame, bensì… Pulcinella! Tanti Pulcinella che invadono la grande sala arrampicandosi e giocando tra mille acrobazie… come quelle che dobbiamo fare ogni giorno per vivere.

E poi segui il film Carosello napoletano: Pulcinella ti stupirà ancora una volta con la sua nascita e la sua morte.

 

Sala della Caduta dei Giganti

Che capitombolo! I Giganti, invidiosi degli dei, hanno cercato di prendere il potere raggiungendoli fino in cielo mettendo le montagne una sull’altra ma gli dei hanno fatto crollare la loro scala improvvisata punendoli severamente.

E ti sembrerà strano ma questo grande oggetto era un centrotavola: figuriamoci quanto era grande la tavola!

Proprio come i giganti, quando, nel 1799, alcuni giovani napoletani cercarono di dare maggiore libertà al popolo migliorandone le condizioni, la regina Maria Carolina li condannò tutti a morte. Il re, da parte sua, dopo averli sconfitti li avrebbe pure perdonati ma si sa, i napoletani hanno buon cuore e gli austriaci sono più severi. E poi lei era la sorella della regina Maria Antonietta di Francia che, circa un decennio prima era stata ghigliottinata dai Rivoluzionari… e allora un po’ la paura, un po’ la voglia di vendetta la spinsero ad essere così spietata. Brutta storia… poi la studierai e capirai meglio.

Ora divertiti ad ascoltare il canto beffardo dei napoletani contro la pazza regina Carolina!

 

Sala del Gioco d’azzardo e del destino

Giochiamo! No, non tu, questi giochi non sono adatti ai bambini. Qui si puntano e si perdono grandi fortune e l’ambiente promiscuo non è certo dei migliori. Vedi come sono animati e discinti i giocatori? Osserva le belle tavole da gioco ma tieniti alla lontana!

 

Sala “Miseria e nobiltà”

Damine, cicisbei, paggetti e damigelle… Chi non vorrebbe indossare i loro abiti e i loro ornamenti per un giorno?

Ma quanto erano eleganti questi signori del Settecento quando si recavano alle feste o a teatro con i loro binocoli, i ventagli, i profumi, i bastoni, le tabacchiere…

E anche i loro servi, a volte maldestri come questo che ha rotto un prezioso piatto, cercavano di non essere da meno, pur nella loro povertà.

E secondo te, oggi, cosa ti rende elegante? Pensaci un po’.

 

Sala della Parrucca

Certamente per essere elegante non penseresti di indossare una parrucca! E invece, a partire dal Seicento, le parrucche divennero sempre più di moda e sempre più alte e voluminose!

Soprattutto le dame, impiegavano molto tempo per pettinarsi: sulle loro teste sorgevano vere e proprie costruzioni arricchite di gioie e ornamenti, ma scomodissime e molto spesso, abitate da ospiti non proprio graditi che le costringevano ad usare uno strumento particolare, il “grattoir” … puoi immaginare a cosa serviva…

 

 

Sala della Culla

Ma come ogni favola che si rispetti, siamo arrivati alla conclusione.

“E il lieto fine?” ti starai chiedendo.

Beh, il lieto fine non è obbligatorio perché questa non è una fiaba, è una Storia vera che si lascia dietro cose belle e cose brutte.

Ma ricordarle è sempre importante e può essere anche divertente.

E a te questa storia è piaciuta?

Vieni allora a vederla di persona!

CONTATTI

Uffici stampa

Museo e Real Bosco di Capodimonte
Luisa Maradei
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T. + 39 081 7499281 – 333 5903471

Teatro di San Carlo
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Electa
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Claudine Coline Communication
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