skip to Main Content

Contro la Violenza sulle donne. Vergini e martiri nella storia delle collezioni del Museo di Capodimonte

Il Museo e Real Bosco di Capodimonte celebra la giornata di oggi contro la Violenza sulle Donne presentando alcune delle protagoniste delle collezioni, tra vittime ed eroine.

La violenza e il sopruso nei confronti della donna è da sempre un tema rappresentato nell’arte, nelle sue varie sfaccettature socio politiche legate al periodo storico e al gusto rappresentativo dell’epoca.

 

Attraverso l’arte, quello che possiamo trasmettere è una testimonianza storico artistica di quanto le donne abbiano dovuto patire prima di raggiungere l’emancipazione, e lasciare alle donne di domani un senso di responsabilità e d’indipendenza, creando una solidarietà e una necessaria consapevolezza femminile.

 

Ancora oggi, rispetto all’epoca di cui stiamo andando a narrarvi, il tema è più attuale che mai e, nonostante una maggior attenzione al femminicidio, c’è ancora molto da fare.

 

Per la giornata di oggi contro la Violenza sulle Donne vi presentiamo le nostre protagoniste.

 

1. Susanna e i Vecchioni, Francesco De Rosa, ca1645

 

La scena descritta è tratta dal Libro del profeta Daniele: la bella Susanna, sposa devota di Jachim, viene sorpresa ignuda, in procinto di fare il bagno, da due vecchi giudei che frequentavano la casa del marito, bramosi della sua bellezza.

Dopo averla spiata, i due, usciti dal loro nascondiglio, pretesero che la giovane si concedesse a loro, minacciando di accusarla di adulterio.

Susanna venne giudicata colpevole e condannata a morte per la lapidazione, e solo alla fine grazie alla testimonianza di Daniele, fu prosciolta da ogni accusa provando la sua innocenza.

 


 

2. Giuditta e Oloferne, Artemisia Gentileschi, ca1620 

 

L’opera raffigura Giuditta nell’atto di tagliare la testa al generale Oloferne che stava assediando la città di Betula. L’eroina, assistita dalla schiava Abra, che partecipa attivamente alla decapitazione, incarna la castità e la forza morale.

Giuditta, rappresentata con connotati di determinazione e coraggio, con una figura un po’ mascolina, forte e massiccia, sta decapitando Oloferne, riscattandosi così dal torto subito.

 

L’autrice del dipinto, Artemisia Gentileschi è spesso considerata la prima femminista nella storia dell’arte: nel 1611 l’artista era stata stuprata dal suo collega Agostino Tassi, e con grande coraggio e forza di spirito iniziò l’iter processuale che la vide vittoriosa.

«Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne»

(Artemisia Gentileschi)


 

3. Sant’Agata, Francesco Guarino, ca 1640

 

È un intenso ritratto psicologico e fra le più diffuse immagini del Seicento napoletano.

Sant’Agata si rifiutò di piegarsi ai desideri del console Quintiniano che la condannò ad una feroce tortura.

La povera giovane venne legata a testa in giù, le furono mutilati i seni, camminò sui carboni ardenti e sui cocci di vetro.

Ma la giovane ebbe una visione che la fece guarire dalla ferita ai seni e grazie ad un terremoto evitò l’esecuzione.

Quintiniano furioso la fece portare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo.

Viene ricordata ogni 5 Febbraio ed è la Santa patrona di Catania, della Repubblica di San Marino e Malta.


 

4. Lucrezia e Tarquinio, Luca Giordano, 1663

 

Il dipinto raffigura Lucrezia, moglie di Lucio Tarquinio Collatino, mentre cerca di respingere le profferte di Sesto Tarquinio, il quale fu invitato a cena dal marito della nobildonna.

Sesto venne pervaso dal desiderio di possedere Lucrezia, invaghito dalla sua bellezza e per la sua castità, e nel pieno della notte si presentò nella camera della donna immobilizzandola con una spada.

Ella rimase immobile, terrorizzata e consapevole del  rischio che stava correndo. Sotto le minacce violente dell’uomo, decise di cedere.

Il giorno seguente, la povera Lucrezia raccontò in lacrime l’accaduto e sopraggiunta dalla vergogna e dall’umiliazione si trafisse il petto con un pugnale.

L’opera è firmata e datata 1663 e rivela nel suo impianto compositivo una forte componente veneta, in particolare richiami a Tiziano e Veronese.


 

5. Lucrezia, Parmigianino, 1540

 

Qui Lucrezia è rappresentata nel momento del suicidio, quando, disonorata dalla violenza di Tarquinio il Superbo, si uccide con un gesto eroico, trafiggendosi col coltello.

La tunica, fermata da uno spillo con la rappresentazione di Diana, simbolo di verginità, lascia scoperta una parte del busto.


 

La storia dell’arte, il suo racconto e la sua conoscenza, attraverso progetti educativi, formativi e artistici, ci aiutano ad istruire i giovani e bambini che potranno diventare futuri uomini rispettosi e donne consapevoli del proprio valore.

 

Il Museo e Bosco di Capodimonte ha scelto di prestare molta attenzione alla giornata di oggi e alla sua funzione educativa.

 

Continuate a seguirci nei prossimi giorni per scoprire le iniziative ad essa dedicate.

 

Back To Top