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L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… il Crocifisso ligneo del Monastero di San Paolo a Sorrento

Tra le tante opere esposte al Museo e Real Bosco di Capodimonte, c’è un’opera d’arte medievale, il Crocifisso ligneo proveniente dal Monastero di San Paolo a Sorrento.

Per la rubrica “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta…”, Gennaro Galano impegnato nel lavoro di riorganizzazione dell’archivio del Real Bosco di Capodimonte ci fa conoscere la sua interessante storia tra arte e tutela.

 

Al secondo piano del Museo di Capodimonte, tra la prime sale dedicate all’arte a Napoli, una meravigliosa opera d’arte medievale sembra introdurre il visitatore alla ricca e celebrata “collezione napoletana”: si tratta del Crocifisso ligneo proveniente dal Monastero di San Paolo a Sorrento.

Il cartellino dell’opera riporta le essenziali notizie: “Scuola Campana – Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola”.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Questo meraviglioso “Cristo Trionfante”, vivo sulla croce e vincitore sulla morte, racconta una storia davvero interessante, rimasta per decenni quasi “nascosta” tra le carte dell’archivio del Museo di Capodimonte e riguardante il suo deposito nelle sale della Reggia.

In questa contorta vicenda, a tratti davvero appassionante, entrano in gioco, a vario titolo, alcune grandi personalità della cultura napoletana del secolo scorso: da Roberto Pane a Bruno Molajoli, passando per Raffaello Causa, Gino Doria e Nicola Spinosa.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Ma riannodiamo i fili di questa interessante storia, sospesa tra arte e tutela.

Nel 1964 un funzionario della Soprintendenza alle Gallerie della Campania giunse a Sorrento per ritirare, su incarico di Raffaello Causa (allora direttore del laboratorio di conservazione della Soprintendenza) e di Gino Doria (allora Soprintendente alle Gallerie della Campania) un “crocifisso dipinto su tavola opera di un ignoto del XIV secolo”.

Il trasferimento a Napoli, che si rendeva necessario per il pessimo stato di conservazione che caratterizzava l’opera, giungeva dopo un decennio di “interlocuzioni”: già nel 1955 infatti Roberto Pane, che aveva appena pubblicato il suo indimenticabile Sorrento e la Costa, scrisse una lettera all’allora Soprintendente Bruno Molajoli, in cui gli comunicava “una cosa che non mancherà di interessarti”.

 

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Nel corso di una visita al Monastero di San Paolo a Sorrento, la badessa Maria Emmanuella Moretti mostrò all’illustre ospite “una croce […] forse del XI secolo, che ha assoluto bisogno di restauro perché l’immagine dipinta sta perdendosi a causa del distacco dei pigmenti”.

Roberto Pane proseguiva la sua breve lettera scrivendo che “si tratta certamente di un cimelio di grande interesse e rarità, forse non ancora inventariato”.

Sulla rarità Pane ci aveva visto giusto, ma nonostante lo stupore del Molajoli, l’opera non era ignota alla Soprintendenza alle Gallerie.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Pur mancando una qualsiasi traccia del Crocifisso nella pubblicistica dedicata alla Penisola Sorrentina (dal Capasso a Bonaventura Gargiulo, passando per Umberto Fasulo e Riccardo Filangieri), dall’archivio della Soprintendenza saltò fuori una relazione redatta nel 1904 da Luigi Fulvio e Manfredi Fasulo.

In occasione di una terribile tromba d’aria che si abbatté su Sorrento il Monastero di San Paolo, già in precarie condizioni statiche per la vetustà delle strutture, fu gravemente danneggiato, tanto da essere dichiarato inagibile.

Le monache furono quindi costrette a riparare nel vicino Convento delle Grazie e le opere d’arte presenti nella Chiesa e nel Monastero furono attentamente censite.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Il Crocifisso, che Fulvio e Fasulo non si azzardarono a datare, era conservato “ab antiquo” non nella Chiesa, ma probabilmente nel corridoio che conduceva all’ingresso della clausura.

Era giunto al Monastero, secondo alcune ipotesi, in dono da qualche nobile famiglia sorrentina (che ben conosceva gli ideali benedettini) o come dote di qualche ricca monaca.

Nel 1904 fu uno degli oggetti che le monache vollero assolutamente portare al Convento delle Grazie.

Rimase in quel luogo sino al 1912, quando il Comune riconsegnò alle benedettine il Monastero restaurato e nuovamente agibile (ma privo del giardino che affacciava sul mare, espropriato per creare l’attuale “Piazza della Vittoria”).

Dopo la segnalazione del Pane e le ricerche promosse dal Molajoli, nulla si mosse sino al 1963.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

In quell’anno finalmente la badessa Moretti fece “fissare e velinare” il prezioso “documento storico-artistico”, risalente non tanto all’anno 1000, come ipotizzato dal Pane, ma alla fine del ’200.

Dopo il ritiro e una difficoltosa opera di restauro, condotta magistralmente da Andrea Rothe, l’opera fu depositata a Capodimonte.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

A nulla valsero le continue e pressanti richieste di restituzione delle monache, che intanto avevano lasciato l’antico Monastero di Sorrento per trasferirsi a Sant’Agata sui Due Golfi (al cosiddetto “Deserto”), perché il deposito nelle sale del museo fu motivato da Nicola Spinosa come fondamentale per salvaguardarne la conservazione in virtù della presenza nella pinacoteca napoletana di un clima adatto e di operatori specializzati, capaci di assicurare “un’osservazione e una cura pressoché continua”.

Oggi l’opera continua a far bella mostra di sé nelle sale del Museo di Capodimonte.

 

Scuola Campana, Crocifisso, 1280-1290, tempera e oro su tavola, Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento, particolare

 

Rappresenta, come pochi altri crocifissi conservati in Campania, una perfetta sintesi di quella temperie artistica che, prima dell’affermazione del modello di “Cristo Sofferente” (Christus Patiens), vedeva in Gesù crocifisso il trionfatore sulla morte, in una austera imperturbabilità chiaramente ascrivibile agli influssi bizantini.

Forse non è un caso che il “Cristo Trionfante” si trovasse a Sorrento, nell’antico cenobio benedettino di San Paolo.

Fu proprio la “riforma” di quest’ordine infatti a diffondere l’immagine di un Cristo crocifisso “conforme ad una bellezza ideale e privo di segni di sofferenza”, capace di colpire l’immaginario popolare con un segno tangibile della “Vittoria di Cristo” (Jàszai, 1994).

Il Crocifisso di Sorrento fu probabilmente una delle ultime opere ascrivibili alla tradizione iconografica del “trionfo sulla morte”, quasi sul “confine” tra due momenti topici della storia dell’arte medievale: di lì a poco infatti si sarebbe diffusa, soprattutto grazie alla mistica francescana, l’iconografia del “Cristo Sofferente”, peraltro già sperimentata tra gli anni ’30 e gli anni ‘60 del XIII da Giunta Pisano e Cimabue.

 

 

Scuola Campana

Crocifisso

1280-1290

tempera e oro su tavola

Museo e Real Bosco di Capodimonte, in deposito dal Monastero di San Paolo a Sorrento

 

Il testo di Gennaro Galano è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”.

 

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